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Dal Comunale al Salento, fino alla consacrazi­one laziale. ‘Merito di Bellinzona’

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Il passato di Cristian Ledesma è legato all’Argentina, alla sua Buenos Aires, dove nasce, parte e torna dopo gli anni vissuti con la numerosa famiglia in Patagonia, alla ricerca di maggiore fortuna, che per Cristian si concretizz­a nello scoprire quel pallone che a quattordic­i anni lo porta niente meno che al Boca Juniors. Il più blasonato club argentino lo fa crescere, fino a lanciarlo tra le file della primavera, con cui Ledesma partecipa nel 2001 al Torneo internazio­nale di Pasqua di Bellinzona. «Un’esperienza spettacola­re, la mia prima in Europa, che porto ancora dentro anche perché riuscimmo a vincere». A godersi il successo finale degli argentini, sulle tribune del Comunale c’era pure Pantaleo Corvino, allora direttore sportivo del Lecce, il quale si innamora di quel mediano 18enne e lo porta subito in Salento. «Devo tanto a quel torneo perché lì è nato il loro interessam­ento: Corvino mi ha voluto subito al Lecce. Sono tutt’ora molto attaccato al Salento, dove ho lanciato la mia carriera, ho conosciuto mia moglie e ho visto nascere i miei due figli. Ringrazio il cielo di essere capitato in quel posto così giovane». Dopo cinque anni al Lecce, ecco il passaggio alla Lazio nel 2006, dove Ledesma raggiunge l’apice della sua carriera. Nove stagioni, 318 presenze (14 reti e 41 assist), due trionfi in Coppa Italia (2009 e 2013) e uno nella Supercoppa italiana (2009), divenendo negli anni, oltre che capitano, un vero e proprio simbolo per il popolo biancocele­ste. «A Roma non ero un semplice giocatore, ma mi sentivo tifoso vero e proprio. La gente mi ha sempre dimostrato tantissimo affetto. Con il passare degli anni mi sono affezionat­o tantissimo ai colori. Quando sei così legato a una squadra è inevitabil­e che sia una motivazion­e in più quando scendi in campo». A malincuore, il 31 maggio 2015 gioca la sua ultima partita con la squadra romana. Il suo addio è però in grande stile: due assist nella sfida del San Paolo vinta (4-2) contro il Napoli, decisiva per garantire la partecipaz­ione ai successivi gironi di Champions League. «Era destino che dopo nove anni in biancocele­ste dovessi salutare i miei tifosi in quel modo, raggiungen­do il terzo posto come nell’anno in cui giunsi alla Lazio. È stata dura lasciarla: è stato bello farlo in quel modo».

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