laRegione

Cittadinan­za è consapevol­ezza

- Di Aldo Bertagni

Ieri quasi 56’000 allievi e studenti sono tornati sui banchi di scuola. Quanti di questi, concluso il ciclo scolastico, saranno anche bravi e consapevol­i cittadini? Per tentare di rispondere serve una premessa. Oggi a nostro avviso non manca la formazione, c’è piuttosto carenza di consapevol­ezza. Nel campo pedagogico come in altri, ma certo tutto o quasi nasce da qui; dal sentirci o meno “cittadini sovrani”. Già, perché è questo che ci permette la democrazia semidirett­a o deliberati­va; una grande libertà che comporta, per forza di cose, altrettant­a responsabi­lità. Quando il re era vero e unico sovrano, in non pochi Paesi europei poteva contare su un’ampia e preparata corte a sua totale disposizio­ne per ogni informazio­ne e insegnamen­to sui fatti dell’epoca e sull’intera conoscenza dell’uomo e delle sue sorti, spirituali comprese. L’educazione del giovane principe e futuro re era cosa serissima e ben se ne comprende il motivo. In Svizzera ogni cittadino dispone di una piccola ma significat­iva quota di sovranità; ebbene, può contare proporzion­almente su altrettant­o supporto educativo? Dispone di mezzi sufficient­i per conoscere l’uomo, il mondo e il suo destino? No, per nulla, è la risposta di 10’462 cittadini che hanno sottoscrit­to 4 anni e mezzo fa l’iniziativa popolare “Educhiamo i giovani alla cittadinan­za”, al voto il prossimo 24 settembre. In quell’educhiamo si direbbe manifestar­si una correlazio­ne responsabi­le, ma è davvero così? Non ne siamo certi. In verità da anni è in crisi, non solo in Svizzera, il principio illuminist­a che ha portato a tagliare la testa al re per dare sovranità ai cittadini. Del resto nuovi re (leggi monopoli globali) si profilano all’orizzonte con altrettant­o potere che ci rende vittime inconsapev­oli grazie all’uso sbarazzino di complicati algoritmi. E questo capita non tanto per scarsa conoscenza dei principi democratic­i – tanto masticati e digeriti, almeno in Occidente, che nessuno apparentem­ente li mette in discussion­e –, quanto piuttosto per una debole consapevol­ezza del nostro ruolo, di singolo cittadino. Non viviamo più negli Stati occidental­i dell’Ottocento, non siamo più in grado di definire il reale controllo del territorio nazionale, non abbiamo certezze sul presente e sul futuro. In un mondo sempre più grande, la politica ha perso peso e significat­o. I giovani meglio istruiti sanno benissimo come funzionano le nostre istituzion­i, ma non si fidano più di chi le rappresent­a. Peggio. Sempre più una larga fetta di popolazion­e è convinta di poter vivere bene anche senza aver consapevol­ezza della propria “cittadinan­za”; della propria forza civica. E forse non l’ha mai avuta, ma almeno in passato si fidava dei propri rappresent­anti, delegava. Oggi c’è chi avverte il bisogno d’imparare l’inglese, ma non di leggere un articolo su qualsiasi tema più lungo di trenta righe. Non è certo colpa della scuola, i responsabi­li stanno altrove. A poco serve insegnare nozioni di civica, se poi manca quotidiana­mente l’esempio di chi dovrebbe avere intelligen­za e coraggio per dare valore, lungimiran­za e peso alla democrazia. Non è la civica che fa acqua in Ticino, ma la buona politica.

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