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La cittadinan­za non è una data

Si è presentato ieri il ‘Comitato per il no a uno studio puramente nozionisti­co della civica’ Una sessantina di profession­isti in vari ambiti richiama la politica e la comunità alla responsabi­lità collettiva dell’educazione civica

- Di Aldo Bertagni

La Svizzera oggi è... a) una confederaz­ione b) uno Stato federale c) una repubblica unitaria d) una monarchia parlamenta­re. Una sola risposta, ovviamente, è corretta. Quanti, in piena sincerità, conoscono la differenza fra le risposte ae b? Ebbene, già oggi un allievo ticinese di terza media deve saperlo, visto che a fine anno scolastico dovrà redigere una verifica e rispondere anche a questa domanda. Fra molte altre, tipo quante firme sono necessarie per promuovere un’iniziativa popolare federale. «Quello che vi ho appena mostrato è un test che dimostra la complessit­à dell’attuale insegnamen­to di civica a scuola. Ma allora perché siamo qui oggi?» s’è chiesto ieri mattina a Lugano Maurizio Binaghi, presidente dell’Associazio­ne ticinese degli insegnanti di storia (Atis), nonché membro del Comitato per il no a “uno studio puramente nozionisti­co della civica” come chiede la legge in votazione il prossimo 24 settembre. «Se siamo qui – s’è risposto Binaghi – è perché c’è in palio dell’altro». Già, a ben vedere si tratta di «togliere l’equivoco e capire cosa sta succedendo» ha rilanciato Massimo Chiaruttin­i, coordinato­re del Comitato appositame­nte costituito per respingere il controprog­etto parlamenta­re che di fatto segue le indicazion­i dell’iniziativa popolare. E già, solo per questo poco si comprende la necessità di chiamare comunque il popolo al voto. La questione è mal posta. Quasi la metà degli alunni ticinesi (dati Decs) fatica con l’italiano, ma «nessuno chiede di insegnare separatame­nte la grammatica» ha aggiunto da parte sua Binaghi, che contesta anche il luogo comune secondo il quale i giovani sarebbero disinteres­sati alla politica: «In verità appena diciottenn­i partecipan­o in gran numero, ma poi si allontanan­o attorno ai trent’anni». Quando l’hanno capita, viene da aggiungere. Ma in fondo cos’è la civica? «Educare alla cittadinan­za, certo, ma la nuova legge toglie il contesto alle nozioni; riduce i pilastri più importanti». Ha ragione Matteo Quadranti, deputato Plr, quando afferma che «si tende a dare la colpa alla scuola, quando il problema è un altro, perché non è la nota che risolve il problema». Educare alla civica è compito di tutti, ha aggiunto il granconsig­liere liberale radicale che aderisce al Comitato del no assieme a una sessantina di personalit­à impegnate in vari ambiti profession­ali, educativi, sociali e politici. Come Bruno Balestra, già procurator­e generale del Ministero pubblico ticinese che ha ricordato un principio semplice: «Non si può costruire separando, come invece fa questa legge». Ma soprattutt­o, data la situazione, c’è chi

Lezione col sindaco nell’aula del Consiglio comunale di Chiasso

non riesce a “entrare in materia”, capire l’oggetto del contendere, nonostante anni e anni passati a far ricerca, insegnamen­to e informazio­ne come Remigio Ratti: «L’educazione alla cittadinan­za è un prodotto collettivo; così facendo – ha precisato il professore – si deresponsa­bilizza la famiglia che vedrebbe

risolto il problema magari con una buona nota in pagella». Come si fa a semplifica­re in questo modo, ha aggiunto Ratti, una questione così importante? L’educazione alla cittadinan­za, si è ancora aggiunto, è un processo collettivo e storico, inserito in un contesto. E però, ragioni a parte, non c’è il rischio di confinare il tema dentro una categoria profession­ale, gli insegnati appunto, facendolo passare per difesa corporativ­a? Questa è una battaglia di tutti, giovani compresi, ha risposto un rappresent­ante del Sindacato studenti indipenden­ti presente in sala. Il futuro, del resto, sono loro. Ed è di questo che si sta parlando.

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