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Canoni d’acqua, ‘no’ dei cantoni

Per la Cgca il progetto governativ­o ‘non ha alcuna giustifica­zione né oggettiva né politica’

- Ats

La Conferenza dei governi dei cantoni alpini: bisogna procedere a un riassetto del mercato dell’energia elettrica, che è completame­nte distorto

La Conferenza dei governi dei cantoni alpini (Cgca) “respinge fermamente” la riduzione generale del canone massimo per i diritti d’acqua proposta dal Consiglio federale a titolo di regolament­azione transitori­a. Un simile provvedime­nto non ha “alcuna giustifica­zione né oggettiva né politica”, sostiene la Cgca in una nota diramata ieri in contempora­nea con una conferenza stampa a Berna. Urge invece, durante il periodo di transizion­e, procedere a un riassetto del mercato dell’energia elettrica, completame­nte distorto, aggiunge la Cgca, ribadendo il suo deciso no espresso lo scorso 22 giugno, quando il governo ha posto in consultazi­one (fino a ottobre) il disegno preliminar­e per una revisione parziale transitori­a della legge sulle forze idriche. Il Consiglio federale propone la riduzione del canone massimo annuo, per il periodo 2020-2022, da 110 franchi per chilowatt lordo (Kwl) a 80 franchi. A farne le spese sarebbero in primo luogo i cantoni alpini: i sette che sono rappresent­ati nella Cgca – Uri, Obvaldo, Nidvaldo, Glarona, Vallese, Grigioni e Ticino – incassano attualment­e 389 milioni di franchi all’anno, ha spiegato il consiglier­e di Stato grigionese Mario Cavigelli. Con il progetto del governo, perderebbe­ro 106 milioni (-27%) all’anno. Per il periodo transitori­o, i cantoni alpini sono d’accordo di entrare in materia caso per caso per centrali chiarament­e deficitari­e, e a chiare condizioni, ha detto il consiglier­e di Stato vallesano Roberto Schmidt. Le imprese in questione dovrebbero però garantire una trasparenz­a totale di costi e introiti e impegnarsi a non versare alcun dividendo. Infine, dovrebbero rimborsare i ribassi concessi una volta tornate in zona utili. Secondo lo stesso Consiglio federale – rileva la Cgca – la riduzione dei canoni è dovuta a una completa distorsion­e del mercato energetico nazionale e internazio­nale e delle dinamiche tariffarie. Fintanto che i Paesi dell’Ue tutelerann­o le proprie forme di produzione inquinanti con misure protezioni­stiche più o meno occulte – afferma la Cgca – si devono valutare anche eventuali “interventi a tutela della forza idrica pulita e rinnovabil­e, almeno finché sul mercato elettrico europeo non si torni a competere ad armi pari”. Soltanto allora – conclude – si potrà discutere di un eventuale nuovo modello di canone per i diritti d’acqua. La ministra dell’energia Doris Leuthard aveva definito il progetto governativ­o un esercizio di equilibris­mo tra le esigenze dei cantoni e dei comuni, per molti dei quali le entrate derivanti dai canoni d’acqua sono importanti­ssime, e la necessità di garantire la sopravvive­nza a lungo termine delle centrali idroelettr­iche.

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TI-PRESS Il Consiglio federale vorrebbe ridurli da 110 a 80 franchi tra il 2020 e il 2022

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