‘È stata la corsa della mia vita’
Sono passate due ore dal crollo del Pizzo Cengalo quando la redazione, mercoledì scorso, contatta Marcello Negrini, capo dei soccorsi avviati per la ricerca di eventuali dispersi. Ma al cronista riserva poche parole e lo invita a contattare il numero telefonico predisposto per la raccolta di informazioni. Tre giorni dopo, sabato, grazie a un servizio della Rsi si saprà che in quelle ore Marcello Negrini era in apprensione per la vita della moglie Gianna recatasi a piedi proprio in quelle zone, lungo il sentiero che porta alla capanna Sasc Furä, con l’intento di perlustrarlo in vista di una gara d’orientamento prevista domenica. E proprio lei è forse l’unica superstite fra gli escursionisti travolti dai detriti. «Salendo sembrava tutto tranquillo – ha raccontato ai microfoni della Rsi – ma una strana nebbia mi ha indotto a tornare indietro. Poi il boato, seguito da alberi, massi e detriti che scendevano ad altissima velocità. Ho visto la morte in faccia. Sono inciampata e caduta, mi sono rialzata e con la bocca piena di terra e sassi ho iniziato a correre più che potevo risalendo il fianco della montagna. Fino a quando ho raggiunto un crepaccio e non ho più potuto proseguire. Ma lì mi trovavo al sicuro. E ho pianto quando l’elicottero mi ha tratta in salvo. Ho pensato a mio marito, che sapeva dove mi trovavo e sicuramente cos’era successo; ma non potevamo sentirci perché ero senza cellulare. Quei 500 metri sono stati la corsa della mia vita. Non la dimenticherò mai».