‘Abbiamo vissuto mesi terribili’
Parla una delle cento vittime del terzetto di ladri che ha alleggerito le abitazioni del Malcantone
La pubblica accusa chiede condanne fino a 3 anni e 6 mesi e l’espulsione per 15 anni dalla Svizzera. Le difese evidenziano: né armati, né pericolosi. Domani la sentenza.
«La casa era sottosopra, i cassetti aperti, i gioielli in bagno spariti, come pure gli oggetti in argento, magliette, gli occhiali da sole». Una delle cento vittime del terzetto di cittadini albanesi in aula da ieri davanti alla Corte delle assise criminali di Lugano, che per due anni e mezzo, tra il giugno 2014 e il novembre 2016, ha messo a segno 115 furti in Malcantone, racconta a ‘laRegione’ la sua personale sofferenza. Quarantacinque anni, domiciliata a Breno, la nostra interlocutrice ha subìto il colpo il 3 agosto 2016 nella sua abitazione primaria. «La perdita è stata più per il valore affettivo degli oggetti. Soprattutto la paura è durata a lungo: per diverse settimane non sono stata bene, non riuscivo a dormire. Si era alimentata un’ansia generale tra tutti i paesi del Malcantone a causa dei racconti di chi li aveva visti o sentiti. Sono stati mesi di terrore. La mia paura era che potessero farmi del male. La calma è giunta solo quando li hanno arrestati (a metà novembre 2016, ndr)». «Proprio questo è l’aspetto più doloroso: vivere con l’ansia, ciò che ha richiesto anche un sostegno psicologico» – le fa eco il compagno. La nostra interlocutrice ha subìto anche un secondo tentativo di furto, fallito grazie all’allarme che ha messo i ladri in fuga, un dispositivo del quale si sono dovuti munire in molti nella regione. «Se sono venuta al processo è per vederli in faccia e, qualora rigirassero in paese, ora potrei riconoscere la loro faccia e denunciarli». I tre ladri non hanno solo alleggerito le case – soprattuto rustici e abitazioni di vacanza – ma in alcune occasioni vi hanno pure dormito e si sono cibati. Ieri la banda – un 27enne, un 36enne e un 29enne – salvo alcune contestazioni sulla refurtiva, ha ammesso il contenuto del corposo atto d’accusa firmato dal pp Moreno Capella, 35 pagine. Il terzetto proveniva da Torino in auto, lasciava l’auto a Dumenza e raggiungeva il Ticino a piedi da Astano.
Da Torino entravano ad Astano
La maggior parte dei colpi sono avvenuti con lo scasso del cilindro dell’ingresso. I danni complessivi sono stati quantificati in 150mila franchi. Il valore della refurtiva, soprattutto preziosi, prontamente ricettati, è stato pari a 300mila franchi. Guadagno personale di ognuno dei tre imputati – due altri autori mancano invece all’appello – tra i6 e i 7mila franchi. Il pp Capella nella sua requisitoria ha evidenziato: «Preziosa la collaborazione, ma ciò non sminuisca le loro colpe». Il magistrato ha chiesto condanne da espiare per il
terzetto e l’espulsione dalla Svizzera per 15 anni: 3 anni e 6 mesi per il 27enne; 3 anni e 3 mesi per il 36enne; e 3 anni per il 29enne. Capella ha richiesto alla Corte che in caso di spiragli per parziali sospensioni condizionali, le pene da espiare non dovranno essere inferiori ai 15 mesi.
L’inchiesta, denominata Vietnam, ha ricorso per la complessa ricostruzione della mappatura dei furti a un elicottero: a bordo il più collaborativo del terzetto che ha indicato minuziosamente le abitazioni prese di mira. Le difese – gli avvocati Giovanni Maria Fares, Véronique Droz Gianolli e Chiara Buzzi – si battono per l’ottenimento di forti riduzioni di pena e parziali sospensioni condizionali. Tra i temi addotti: la collaborazione offerta dagli imputati, il pentimento, il fatto che non fossero né armati né pericolosi. E ancora: l’aver agito «in condizioni di angustia e povertà». La sentenza domani alle 11.