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Testata nucleare? ‘È solo una questione di tempo’

- Di Massimo Nesticò (Ansa)

Quella della Corea del Nord è una minaccia «da prendere sul serio: già in passato il regime di Kim Jong-un ha dimostrato di possedere la tecnologia per lanciare missili a lunga gittata: per associarvi una testata nucleare potrebbe essere solo questione di tempo». Lo dice all’Ansa il generale Vincenzo Camporini, ex capo di Stato Maggiore della Difesa e dell’Aeronautic­a Militare ed attuale vicepresid­ente dell’Istituto affari internazio­nali. Non si conoscono ancora i dettagli, ma potrebbe essere il missile a più lunga gittata lanciato da Pyongyang. Finora, spiega Camporini, «avevano lanciato missili tattici a gittata intermedia e anche l’ultimo rientra in questa categoria, ma in passato la Corea del Nord ha provato a mettere in orbita satelliti artificial­i e quindi possiede la tecnologia a lungo raggio, cosa che naturalmen­te mette in allarme gli Stati Uniti, distanti 9mila chilometri. Potrebbero infatti – aggiunge – già essere in grado di superare i 2’700 km di oggi, anche se non hanno ancora un’affidabili­tà operativa sufficient­e, come dimostra l’episodio del missile esploso subito dopo il lancio nello scorso aprile». Il timore è accresciut­o dalla possibilit­à che ai missili venga associata una testata nucleare. «Sul fatto che il regime possieda la tecnologia per la miniaturiz­zazione delle testate nucleari – ragiona il generale – sono abbastanza scettico. Non credo ci siano ancora riusciti, ma prima o poi lo faranno: è solo questione di tempo». Il lancio della scorsa notte, sottolinea Camporini, «ha l’obiettivo di mantenere alta la tensione e dimostrare che le capacità offensive in prospettiv­a sono elevate e quindi non si può scherzare». E purtroppo, osserva, «non prevedo che l’atteggiame­nto di Pyongyang cambierà. L’unica potenza in grado di esercitare un’influenza determinan­te è la Cina che finora è stata prudente (...). Il fatto – rileva il generale – è che la Cina non può permetters­i un collasso del regime di Kim, perché comportere­bbe una minacciosa (per gli interessi cinesi) espansione della Corea del Sud, nonché un ingente flusso di profughi ai confini settentrio­nali, cosa che Pechino non vuole». ANSA

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