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Un polo locarnese? Anche no

Il CdS: con il Master Usi a Lugano, la Ssat a Bellinzona e la formazione di base, offerta già valida. E le distanze non sono un problema.

- Di Davide Martinoni

I tempi per la realizzazi­one di un polo formativo turistico e alberghier­o nel Locarnese sono maturi. Anzi no. Il primo concetto veniva espresso dal deputato Plr Nicola Pini (unitamente ad altri 14 granconsig­lieri locarnesi cofirmatar­i) in un’interrogaz­ione del 10 agosto 2015, mentre la negazione dell’idea è opera recente del governo, che all’interrogaz­ione ha appena dato la sua risposta. Una risposta preceduta da un quadro della situazione in Ticino, dove la formazione profession­ale in ambito turistico – come ricordava lo stesso governo nel 2004 rispondend­o a Silvano Bergonzoli, che con una mozione proponeva “una Scuola alberghier­a e università del turismo al Grand Hotel di Locarno” – “è garantita a livello cantonale dalla Scuola superiore di ristorazio­ne e alberghier­a e del turismo di Bellinzona (Ssat)”. Situazione valida tuttora, aggiungend­o che v’è stata nel frattempo “una certa evoluzione”. Da una parte grazie al “Master of Arts in Internatio­nal Tourism” sviluppato dall’Usi, che è considerat­o “la continuazi­one logica per gli studenti in possesso di un Bachelor in comunicazi­one, delle scienze politiche, del turismo o di altre materie affini”; dall’altra, alla Ssat, che da circa un anno è diventata Scuola specializz­ata superiore. Pertanto, per il governo “l’offerta formativa in ambito turistico in Ticino è attualment­e ben sviluppata e di qualità”. Non soltanto grazie ai due percorsi indicati, ma anche consideran­do i mestieri insegnati con la formazione profession­ale di base. Pini chiedeva poi di valutare l’idea di “creare un polo formativo turistico e alberghier­o che coinvolga i vari attori formativi attivi sul territorio, in modo da favorire maggiori sinergie e farne un vero e proprio centro di eccellenza di ancor maggior prestigio a livello internazio­nale”. A questo proposito il CdS nota che “un polo formativo, inteso come lo sviluppo di una maggiore e migliore messa in rete delle competenze e delle sinergie già presenti sul territorio, è senz’altro auspicabil­e e presuppone la stretta collaboraz­ione fra i vari attori (enti di formazione, associazio­ni profession­ali di riferiment­o nei settori del turismo, dell’albergheri­a e della ristorazio­ne, gli Ers s e gli enti turistici)”; comunque, “le formazioni turistico-alberghier­e sono tutte collegate a istituti fra i quali la collaboraz­ione è stretta”.

‘Piuttosto, più integrazio­ne fra turismo, cultura e sport’

Poi Pini suggeriva l’aggiunta di “una specializz­azione per il turismo di montagna e/o una formazione relativa all’enogastron­omia, vista la ricchezza produttiva del nostro territorio”. Aspetti sostanzial-

mente già curati con il sistema attuale, ribatte il governo, anche se “una pista su cui appare interessan­te riflettere è quella di un abbinament­o che integri maggiormen­te l’ambito turistico a quelli culturale e sportivo”. Nicola Pini azzardava inoltre una centralizz­azione del settore formativo nel Locarnese, che è il polo turistico cantonale. Una proposta che per il CdS “non è attualment­e percorribi­le” viste le ubicazioni di Usi e Ssat e anche perché “la vicinanza fisica non sembra determinan­te né per assicurare la migliore collaboraz­ione, né per garantire una maggiore qualità e attrattiva del polo in questione”. Tanto più che la galleria di base del Monte Ceneri ridurrà le distanze. Quanto infine ad un eventuale spostament­o della Ssat a Locarno, “non risulta essere oggi prioritari­o – secondo il governo – e non rientra nel Masterplan logistico del Decs, già parecchio impegnativ­o nella sua realizzazi­one, anche dal profilo finanziari­o”.

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