I timori di Kim e l’ipotesi di un complotto per eliminarlo
È almeno dallo scorso settembre che l’intelligence sudcoreana ha evidenziato condotte “quasi paranoiche” di Kim Jong-un sui rischi di attentato: spostamenti tenuti in gran segreto fino all’ultimo istante, cambi improvvisi di programma e controlli rigidissimi da parte del fidato corpo di pretoriani sui funzionari di più alto rango. I timori sono quelli, mai fugati, di un colpo di mano Usa. Una prova immediata della tensione era già venuta dalla denuncia di un presunto complotto sventato ad aprile, quando le autorità nordcoreane dissero di aver individuato un cittadino «corrotto» da Cia e Seul. Il suo piano? Un attacco-bomba contro «la leadership suprema» in occasione delle celebrazioni per il 105esimo anniversario della nascita di Kim Il-Sung, fondatore e ‘leader eterno’ del regime. Non è un caso allora che il segretario di Stato americano Rex Tillerson abbia a inizio agosto paventato la possibile apertura di un negoziato con Pyongyang, con 4 punti di garanzia: nessun piano per destituire il leader, per favorire il collasso del regime, per accelerare le azioni di riunificazione della penisola coreana, e nessun invio di truppe Usa sopra il 38esimo parallelo. I sospetti di Kim, secondo quanto spiegato all’Ansa da fonti di intelligence, interessano da tempo anche la Cina, tradizionale alleato e principale partner commerciale. E proprio a un’eccessiva vicinanza con Pechino potrebbe essere dovuta l’uccisione a febbraio di Kim Jong-nam, il fratellastro maggiore del ‘giovane generale’ freddato a febbraio col gas nervino all’aeroporto di Kuala Lumpur: una morte che ha mantenuto a distanza di mesi un alone di mistero. Di sicuro Kim era una carta spendibile per le potenze estere, forse la più credibile – se non l’ unica – per giustificare un cambio di leadership e rassicurare i militari nordcoreani.. Sorte analoga per Jang Song-Thaek, numero due del regime, tutore e zio del giovane Kim dopo la sua ascesa al potere a dicembre 2011. Giudicato troppo autonomo rispetto all’esercito e ‘amico’ della Cina, fu giustiziato a fine 2013 per alto tradimento.