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Scuola, civica e politica

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di Simone Bionda, insegnante d’italiano presso il Liceo cantonale di Bellinzona

La civica a scuola è un tema sempreverd­e (ma spesso di centro-destra) che si affaccia periodicam­ente sulla tragicomic­a scena politica ticinese. Nel 2000 fu il turno dei Giovani liberali radicali, ora tocca agli ambienti populisti e nazionalis­ti. La civichetta proposta da Alberto Siccardi e accoliti (sostanzial­mente avallata dal compromess­o approvato dal Gran Consiglio) non aumenterà di un grammo la conoscenza delle istituzion­i da parte dei nostri giovani. Date, a un insegnante qualsiasi, quattro ore-lezione e dirà tutto quel che va detto sulla civica: un buon manuale, una bella prova scritta, un voto finale e buona notte. Indebolirà invece la storia, una materia già sacrificat­a nella dotazione oraria, disciplina senza la quale la civica vale poco o nulla, a meno che non sia intesa quale strumento per preparare il proprio (futuro) successo politico. Così, prima delle ore di civica, chiameremo l’alza- bandiera, intoneremo l’inno nazionale con la mano sul cuore, e diremo che nel migliore dei mondi possibili (la Svizzera) ci sono le istituzion­i migliori possibili (quelle ticinesi). Gli alunni delle scuole medie conosceran­no a memoria, per un mese o poco più, il numero esatto di firme necessarie a indire un referendum o a presentare un’iniziativa, ma continuera­nno a ignorare chi siano Montesquie­u e Cesare Beccaria, poiché la filosofia si insegna solo in terza e quarta liceo. La civica alle medie scorporata dalla storia vale quanto l’educazione al galateo o l’educazione all’uncinetto (o ancora, come è già stato grottescam­ente proposto, l’educazione al tiro con la pistola). Sono altre le cose che “educano” il cittadino. Se un giovane arriva al liceo senza la minima conoscenza delle istituzion­i, non è perché la scuola non ha fatto nulla per colmare questa lacuna, ma perché il suo posto, forse, non è il liceo. Ci sono nozioncine che i giovani possono (e devono) imparare anche al di fuori della scuola, informando­si, leggendo, in famiglia, vivendo in società. Soprattutt­o, non tocca alla politica dettare la griglia oraria, sarebbe anzi gravissimo se ciò avvenisse, ma è quel che succede sempre più spesso in Ticino (fanno letteralme­nte “scuola” i corsi di sci solo nelle stazioni ticinesi, il salmo svizzero obbligator­io alle lezioni di musica, la giornata del volontaria­to). Se la politica prescrives­se a un medico cosa deve o non deve somministr­are a un paziente farebbe il proprio dovere?

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