Da Scorsese a ‘Weird Al’ Yankovic: i 30 anni di ‘Bad’
Fino all’avvento di “Teenage Dream” di Katie Perry, “Bad” di Michael Jackson deteneva il record di 5 singoli consecutivi al numero 1 della Bilboard, tutti estratti da un unico album. Anticipato dal duetto “I just can’t stop loving you” con Siedah Garrett (Whitney Houston e Barbra Streisand declinarono l’invito), il settimo album solista di Jacko uscì il 31 agosto di 30 anni fa, atto finale di un trittico prodotto da Quincy Jones e aperto da “Off the Wall” (1979). Punto intermedio, la pietra miliare “Thriller” (1982). Eccetto per la rivista Rolling Stone, che di “Bad” ama tutto, anche “Speed Demon” e “Just Good Friends” con Stevie Wonder, caduta nel dimenticatoio, il disco è un non totale plebiscito, apparendo come un “Thriller” estremizzato e portatore delle prime avvisaglie di un’iperproduzione che affliggerà “Dangerous” e tutto il resto. Pur surclassato nelle vendite dal disco precedente (100 milioni contro 30), “Bad” è comunque la consacrazione di uno straripante talento. Straripante quanto il videoclip: a John Landis, che diresse gli zombie in “Thriller”, fece seguito Martin Scorsese, regista di un cortometraggio finito sotto la scure di Weird Al Yankovic, autore di una parodia chiamata “Fat” (“Grasso”), monumento all’obesità. Girato nella stessa location di “Bad”, “Fat” si inserì nel filone di eccessi alimentari cantati dal serbo-italiano anche in “My Bologna” (“My Sharona”), “Lasagna” (“La Bamba”) e – tre anni prima – in “Eat it” (“Mangialo”), riadattamento di “Beat it”. Il videoclip di Scorsese svelò al mondo una nuova morfologia di Michael Jackson, assai distante da quella che appare sulla cover di “Thriller”. Con “Bad” balzarono agli occhi la chirurgia e il pallore dovuto alla vitiligine, che il gossip si affrettò a definire come lo sbiancamento chirurgico di chi rinnega la propria pelle. Nel brano “Li immortacci”, stornello in neo-romanesco sulla leggenda metropolitana dei defunti del rock (“nascosti a Roma a fa’ la bella vita”), gli Elii definirono Jackson “er Trilleraro che se chiama Micheletto, ma er negretto nun vòffà”. Per quanto fucina di classici come “Smooth Criminal”, “Bad” raccolse solo un quarto dei Grammy vinti dal predecessore, forse per la mancanza di una “Billy Jean” o di almeno una “Human Nature”, forse per la compattezza conferita a “Thriller” da Steve Lukather, Jeff e Steve Porcaro e David Paich, ovvero i Toto (quasi in toto). Della semplicità di quel disco, la migliore erede sembra essere “Man in the Mirror”, scritta da Siedah Garrett con l’hit-maker Glen Ballard, splendida preghiera laica suonabile anche con un solo strumento.