Quei patemi che servono
In un contesto tecnico e tattico confuso, utile per capirci di più, Federer non fallisce l’entrata in materia
«Che abbia dovuto lottare così duramente, potrebbe rivelarsi molto prezioso in prospettiva». È la chiave di lettura di Roger Federer, costretto al quinto set per avere la meglio del rampante americano Frances Tiafoe, estromesso a fatica in un primo turno insidioso, che ha posto il basilese di fronte ai suoi attuali limiti: una condizione da verificare dopo i noti guai alla schiena (tutto sommato recenti), un tennis da affinare in quanto a corto di riferimenti, un ritmo competizione da ritrovare dopo la pausa forzata a Cincinnati, seguita alla finale giocata a metà (quindi persa) a Montréal. Federer si è detto rassicurato. «Ho tutto quello che mi serve». Allude alle informazioni circa le sue condizioni, alle sensazioni migliori rispetto a quelle della vigilia, e una crescente fiducia. «Ora serve solo che la schiena regga», ha aggiunto. Se e quanto la schiena lo preoccupi ancora, non lo ha specificato. Ha però ammesso di confidare che migliori di giorno in giorno. Ciò che implica, quindi, che le condizioni atletiche non sono (ancora) impeccabili. Nelle ultime due settimane ha fatto molto per ristabilirsi e superare il problema che lo aveva condizionato nell’atto conclusivo di Montréal. Di conseguenza, ha pagato dazio in termini di tennis. Il suo gioco, ovviamente, ne ha risentito, nel momento in cui dai pochi set disputati in allenamento si è ritrovato catapultato in un incontro ufficiale di un torneo dello Slam, opposto a uno statunitense rampante, beniamino del pubblico, e pronto a tutto, in un primo turno che notoriamente è rischioso e ricco di insidie per i tennisti più quotati, giacché vi arrivano privi di riferimenti. Trattenuto nel corso del primo set («Faticavo a inquadrare bene la pallina e non mi muovevo per-
fettamente»), è cresciuto nei due successivi. Il suo gioco si è fatto più efficace e più offensivo. Quanto però fosse lontano dai suoi standard di rendimento è emerso chiaramente nella quarta (persa in 24 minuti a causa di 13 errori diretti) e nella quinta frazione, nella quale conduceva 5-2, salvo concedere all’avversario di rifarsi sotto e di andare al servizio per un 5-5 scongiurato dal break che ha deciso l’incontro. Tiafoe si è dimostrato talentuoso, ma non abbastanza costante per creare la grande sorpresa. È partito benissimo, ma altrettanto in fretta si è smarrito, per poi
ritrovarsi una volta messo con le spalle al muro. Federer, pur in un contesto tattico e tecnico confuso, è sempre rimasto calmo e positivo. Sapeva di dover affrontare un match complicato, e ha sfruttato l’occasione per testare le proprie doti di combattente, pur con tutte le difficoltà del caso. Siamo lontani, insomma, dal Roger che nei tornei disputati in questa magica stagione dava l’impressione di essere subito a fuoco. Ha riconosciuto di non essersi sentito pronto a continue discese a rete. Si è detto contento di aver potuto anche solo tirare liberamente i colpi, e di aver servito senza avvertire dolore. Federer al secondo turno troverà il russo Michail Youzhny (Atp 101), una delle sue vittime preferite. «Ho abbordato il torneo – ha chiuso il basilese – con la speranza e con la consapevolezza che andrà sempre meglio».
Laaksonen subito fuori
È durata lo spazio di due ore e mezza l’avventura di Henri Laaksonen agli Us Open. L’elvetico è infatti stato battuto in tre set dall’argentino Juan Martin Del Potro, con il punteggio di 6-4, 7-6, 7-6. Nel complesso la prova dello sciaffusano è stata più che dignitosa e nel terzo set ha pure scialacquato un break conquistato in entrata. È pure stato estromesso – ma in questo caso si tratta di una sorpresa – l’australiano Nick Kyrgios che avrebbe potuto incontrare Federer negli ottavi. È stato superato dal connazionale John Millman (Atp 235) per 6-3, 1-6, 6-4, 6-1, anche a causa di dolori a una spalla. Nessun problema, per contro, per il bulgaro Dimitrov che in tre set ha liquidato il ceco Safranek (Atp 210) con il punteggio di 6-1, 6-4, 6-2.