La civica in pratica
Da vent’anni mi occupo di educazione alla cittadinanza. Prima come insegnante, in seguito come responsabile di ‘La gioventù dibatte’, un progetto nazionale presente nelle scuole ticinesi, purtroppo solo marginalmente. Per anni ho spronato gli allievi a costituire organismi rappresentativi (comitati e assemblee), che permettessero di dar voce alle loro proposte, al fine di realmente coinvolgerli nella vita dell’istituto, sensibilizzarli ai temi politici e conoscere gli strumenti della democrazia. Da dieci anni mi impegno nella diffusione del dibattito come strumento pedagogico-didattico (…)
Segue dalla Prima (…) di educazione alla democrazia. A molti lettori potrà quindi sembrare sorprendente e illogico che il prossimo 24 settembre voterò contro l’ora di civica, scorporata dalla storia e con nota a sé stante. Sono contrario a questa proposta perché non è una soluzione al problema – reale e preoccupante – della scarsa preparazione dei giovani alla vita democratica. Non è certamente con un’ora quindicinale che si potranno svolgere le attività concrete esposte in precedenza, che diversi giornalisti e politici hanno definito più volte nei quotidiani “Civica in pratica” e “Scuola di democrazia”. Soprattutto non si potranno realizzare questi progetti confinandoli negli angusti spazi di una sola materia, chiedendo a un solo docente di farsi carico dell’importante compito di educare i giovani a diventare cittadini. Per questa essenziale finalità sono necessarie più ore e la collaborazione di tutti i docenti dell’istituto, con un costante lavoro interdisciplinare. È opportuno ricordare ai cittadini ticinesi che questa era la visione del Gran Consiglio ticinese quando nel 2001 decise di potenziare l’insegnamento della civica, convinto che non fosse compito di una specifica materia, bensì della scuola come tale. Visione modificata dal legislativo cantonale nella primavera di quest’anno, sulla spinta di un’iniziativa popolare lanciata nel 2013, che utilizza lo studio «Cittadini a scuola per esserlo nella società» (Supsi, febbraio 2012) per giustificare la necessità di introdurre una nuova materia con nota nelle scuole ticinesi. In realtà, Donati, Marcionetti e Origoni, autori della ricerca, nelle loro prospettive conclusive scartano questa proposta “difficilmente praticabile … per lo statuto epistemologico e una tradizione scolastica poco consolidata” e propongono “per dare maggiore slancio e incisività a questo ambito (…) il principio secondo cui tutti i docenti sono tenuti a fornire un contributo sul piano dell’educazione alla cittadinanza”.
Sì a maggiori conoscenze di civica, ma con l’insegnamento della storia
È innegabile che i giovani abbiano bisogno di maggiori conoscenze di civica. Lo conferma lo studio Supsi: “Abbiamo appurato come i risultati raggiunti (in termini di apprendimento degli allievi) non siano sempre soddisfacenti”. Ma queste conoscenze possono (devono!) essere apprese – come già previsto – all’interno delle ore di storia. Non è necessaria una nuova materia. Basta esigere da tutti i docenti di storia che l’istruzione civica sia veramente impartita a tutti gli allievi e che gli stessi la studino seriamente. A esperti di materia e direttori d’istituto il compito di verificare che questo avvenga realmente. Non si crea la nuova materia “geometria” se il programma di matematica non è rispettato. Inoltre anche l’assegnazione di una nota con sole 18 ore di lezione in un anno scolastico è ardua. È come chiedere a un docente di italiano (6 ore alla settimana) di attribuire la nota di fine anno dopo sole tre settimane di scuola. Assurdo! Pur ammettendone l’importanza, l’istruzione civica da sola non basta. Non si diventa cittadini superando dei test ma assumendo responsabilmente diritti e doveri che questo ruolo comporta. A cosa serve sapere, ad esempio, cos’è il potere esecutivo, un referendum, un’iniziativa popolare legislativa, se il giovane non si interessa della realtà nella quale è immerso, non legge un giornale, non approfondisce i temi politici, sociali, economici, etici, non sa argomentare le proprie opinioni, non sa confrontarsi con gli altri, ingiuria chi la pensa diversamente, non partecipa alla vita politica e non fornisce contributi alla comunità in cui vive? Il filosofo Ermanno Bencivenga ne ‘La scomparsa del pensiero’ afferma: «C’è una catastrofe che insidia la nostra epoca. È la rinuncia alla nostra risorsa più importante: la capacità di ragionare. (…) Oggi siamo assaliti da un eccesso di informazioni e il vero problema sembra quello di proteggersene, di non rimanere vittime di uno stato confusionale. Il ricorso al logos (ragione) sarebbe quanto mai necessario per distinguere le informazioni attendibili dalle bufale, le fonti degne di fiducia da quelle sospette». Tom Nichols, autore del saggio ‘La fine della competenza’, sostiene che «l’indisponibilità ad ascoltare le opinioni altrui ci rende meno capaci di pensare, di argomentare efficacemente (…). E questo è pericoloso, perché mina alla base il ruolo della conoscenza e della competenza in una società moderna, e in più erode la basilare capacità delle persone di convivere fra di loro in una democrazia». In queste citazioni sono delineati alcuni dei compiti fondamentali dell’educazione alla cittadinanza attiva: insegnare ai giovani a pensare, ragionare, argomentare, studiare e collegare le conoscenze, sviluppare lo spirito critico. Finalità centrali in progetti come ‘La gioventù dibatte’ che la scuola, come comunità educante, dovrebbe diffondere fra i giovani, coinvolgendoli attivamente in un percorso interdisciplinare di crescita e di formazione democratica. Soprattutto nelle scuole medie superiori e professionali dove – purtroppo – sono ancora poco presenti. Questi progetti – per loro natura trasversali – propongono l’analisi razionale e rigorosa di temi diversi e spaziano dalla storia alla geografia, dalle scienze all’etica, dal diritto all’economia, dalla sanità all’ecologia. Richiedono tempo e implicano collaborazione tra le discipline scolastiche. L’opposto di quanto chiede il testo in votazione, che va respinto, perché illude il cittadino ticinese che basti una pillola nozionistica quindicinale per formare un cittadino democratico, consapevole e attivo.