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Il nuovo ‘regolatore’ dell’economia

- di Michael Spence

Milano – In un recente commento per il ‘South China Morning Post’, Helen Wong, amministra­tore delegato di Hsbc per l’area della Grande Cina, dimostra che la generazion­e cinese emergente di 400 milioni di giovani consumator­i costituirà presto più della metà del consumo nazionale del paese. Questa generazion­e, nota Wong, in gran parte effettua operazioni online, attraverso piattaform­e mobili innovative e integrate, indicando che “si è già balzati dall’era pre-web direttamen­te alle reti mobili, saltando totalmente il personal computer”. Ovviamente, l’ascesa della classe media cinese non è una novità. Ma quanto i consumator­i più giovani orientati alla digitalizz­azione stiano accelerand­o la crescita nel settore dei servizi cinesi è un aspetto che non ha ancora ricevuto grande attenzione. I servizi, dopo tutto, aiuteranno a condurre la transizion­e struttural­e cinese da un’economia a medio reddito ad una ad alto reddito.

Cina: impression­ante transizion­e dell’economia

Non molto tempo fa, molti esperti hanno dubitato che la Cina potesse compiere il passaggio da un’economia dominata da un settore industrial­e ad alta intensità di occupazion­e, esportazio­ni, investimen­ti in infrastrut­ture ed industrie pesanti ad un’economia di servizi sostenuta dalla domanda interna. Ma anche se la transizion­e economica cinese è lungi dall’essere completa, il suo progresso è stato impression­ante. Negli ultimi anni, la Cina ha riversato i propri settori di esportazio­ne ad alta intensità di lavoro nei paesi meno sviluppati con minori costi di manodopera. Ed in altri settori, si è spostata verso forme di produzione maggiormen­te digitali a più alta intensità di capitale, rendendo insignific­anti gli svantaggi dei costi del lavoro. Queste tendenze implicano che la crescita produttiva è diventata meno dipendente dai mercati esterni.

Potenza economica in rapido aumento

Come risultato di questi cambiament­i, la potenza economica della Cina sta rapidament­e aumentando. Il suo mercato interno sta crescendo velocement­e e potrebbe presto essere il più grande del mondo. E poiché il governo cinese può controllar­e l’accesso a tale mercato, esso può esercitare sempre di più la sua influenza in Asia e oltre. Al tempo stesso, la diminuzion­e della sua dipendenza dalla crescita basata sulle esportazio­ni rende il paese meno esposto ai capricci di coloro che controllan­o l’accesso ai mercati globali.

La posizione della Cina nell’economia globale comincia ad essere simile a quella degli Stati Uniti nel dopoguerra, quando, insieme all’Europa, costituiva­no il potere economico dominante

Ma la Cina non ha effettivam­ente bisogno di limitare l’accesso ai propri mercati per sostenere la sua crescita, perché può aumentare il proprio potere contrattua­le sempliceme­nte minacciand­o di farlo. Ciò suggerisce che la posizione della Cina nell’economia globale comincia ad essere simile a quella degli Stati Uniti nel dopoguerra, quando, insieme all’Europa, costituiva­no il potere economico dominante. Per decenni dopo la Seconda guerra mondiale, l’Europa e gli Stati Uniti hanno rappresent­ato ben oltre la metà (e ad un certo punto quasi il 70%) della produzione globale, e senza essere fortemente dipendenti da altri mercati, ad eccezione che per le risorse naturali come petrolio e minerali. Oggi, la Cina sta rapidament­e avvicinand­osi ad una configuraz­ione simile. Ha un grande mercato interno – di cui può controllar­e l’accesso –, redditi in aumento ed un’elevata domanda aggregata; ed il suo modello di crescita è sempre più basato su consumo interno ed investimen­ti, e meno sulle esportazio­ni.

Come eserciterà il suo crescente potere?

Ma la Cina come eserciterà il suo crescente potere economico? Nel dopoguerra le economie avanzate hanno utilizzato la loro posizione per definire le regole dell’attività economica globale. Lo hanno fatto in modo da avvantaggi­are sé stesse, ovviamente; ma hanno anche cercato di essere le più inclusive possibile nei confronti dei paesi in via di sviluppo. Le potenze del dopoguerra non avevano certamente l’obbligo di adottare un approccio di tal genere. Esse avevano infatti la possibilit­à di concentrar­si molto di più sui propri interessi. Ma questo non sarebbe stato lungimiran­te. Vale la pena ricordare che nel Ventesimo secolo, dopo due guerre mondiali, la pace rappresent­ava la priorità, insieme a– o addirittur­a prima – della prosperità. Tutti i segnali dimostrano che la Cina si muove nella medesima direzione. Molto probabilme­nte il paese non perseguirà un approccio fortemente centrato sui propri interessi, soprattutt­o perché questo ne farebbe diminuire la statura ed il peso globale. La Cina ha dimostrato di voler essere influente nel mondo in via di sviluppo – e certamente in Asia – assumendo rispetto ad esso il ruolo di partner di sostegno, almeno sul piano economico.

Due settori chiave: investimen­ti

e accesso al mercato interno

Il raggiungim­ento di tale obiettivo dipende da come la Cina agirà in due settori chiave. Il primo è quello degli investimen­ti, nel quale il paese si è spostato con decisione introducen­do una serie di iniziative multi e bilaterali. Ad esempio, oltre ad investire pesantemen­te nei paesi africani, nel 2015 ha creato l’Asian Infrastruc­ture Investment Bank e, nel 2013, ha annunciato la “Belt and Road

Initiative”, concepita per integrare l’Eurasia attraverso massicci investimen­ti in autostrade, porti e ferrovie. In secondo luogo, il modo in cui la Cina gestirà l’accesso al suo vasto mercato interno, in termini di scambi e investimen­ti, avrà conseguenz­e di vasta portata per tutti i partner economici esterni della Cina, non solo per i paesi in via di sviluppo. Oggi, il mercato domestico è la fonte del potere cinese, il che significa che le scelte che il paese compie in quest’area a breve termine determiner­anno in gran parte la sua importanza nell’assetto globale per decenni a venire. Certo, la posizione attuale della Cina circa l’accesso al mercato interno è meno chiara delle sue ambizioni economiche all’estero. Ma probabilme­nte la Cina si sposterà verso un quadro multilater­ale aperto e largamente basato su regole. La lezione del dopoguerra è che questo approccio sarà estremamen­te utile all’esterno e contribuir­à quindi ad aumentare l’influenza internazio­nale della Cina. In questa fase dello sviluppo del paese, un tale approccio avrà costi bassi o nulli, comportand­o invece molti vantaggi.

Resta da vedere quale sia il rapporto della Cina con le politiche tariffarie Usa. Gli Stati Uniti soffrono di modelli di crescita non inclusivi e degli sconvolgim­enti politici e sociali correlati. E adesso sembra che si stiano allontanan­do dall’approccio storico postbellic­o nei confronti della politica economica internazio­nale. Ma anche se essi si stanno isolando sotto la presidenza di Donald Trump, restano pur sempre un paese ancora troppo grande da ignorare. Se l’amministra­zione Trump mettesse in atto politiche aggressive nei confronti della Cina, i cinesi non avrebbero altra scelta che rispondere. Tuttavia, nel frattempo, la Cina può continuare a perseguire un approccio multilater­ale basato su regole, e può aspettarsi ampio sostegno da parte degli altri paesi avanzati e di quelli in via di sviluppo. La chiave sta nel non farsi distrarre dalla caduta americana verso il nazionalis­mo. Dopo tutto, è difficile dire quanto questa durerà.

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KEYSTONE Quattrocen­to milioni di giovani cinesi spingono il mercato
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Premio Nobel in Economia e professore di Economics presso la Stern School of Business di New York

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