laRegione

Civica e cultura

- Di Virginio Pedroni

Sono contrario alla revisione di legge sull’insegnamen­to della civica con convinzion­e. Ho sempre considerat­o l’esercizio della cittadinan­za fondamenta­le e nobile. Ritengo che la denigrazio­ne di politica e politici, o anche solo il disinteres­se per questa sfera della vita sociale, siano un serio problema, perché producono una politica peggiore, e che i giovani vadano preservati da questi atteggiame­nti qualunquis­tici e resi consapevol­i del valore della democrazia. Dunque, certo, la civica a scuola è necessaria: se ne fa già molta e bene, ma se ne può fare di più e meglio. Non, però, nel modo proposto (...)

Segue dalla Prima (…) dai fautori della revisione legislativ­a. Ecco le ragioni del mio dissenso.

Non separarla dalla storia

1) Il nuovo articolo di legge separa la civica dalla storia, cioè dalla cultura e dalla conoscenza. In qualità di insegnante di filosofia mi viene naturale rilevare come una questione assai affine a quella relativa al modo migliore di insegnare la civica sia addirittur­a fra le ragioni della nascita della filosofia. Mi riferisco alla domanda, rivolta spesso a Socrate dai suoi concittadi­ni di Atene, se la virtù politica sia insegnabil­e e come lo si possa fare. Il tentativo di rispondere a tale difficilis­simo quesito ha avviato una riflession­e che rappresent­a buona parte della prima stagione della filosofia. Non vi è stata una risposta univoca, ma una cosa sembrava chiara a tutti i grandi filosofi del tempo, a cominciare da Socrate: che virtù e conoscenza non potessero essere separate e che all’uomo e al cittadino occorresse una saggezza frutto di esercizio, studio, riflession­e personale e dialogo razionale con gli altri. Non si deve separare la civica dalla storia proprio perché farlo significhe­rebbe indebolire, se non recidere, il suo legame con la più ampia formazione intellettu­ale e culturale di un giovane e ridurla a un sapere nozionisti­co, intellettu­almente povero e poco coinvolgen­te; significhe­rebbe, cioè, rendere difficile per gli allievi capire il senso delle nostre istituzion­i politiche, che tanto devono alle vicende storiche e culturali che le hanno generate; vorrebbe dire chiedere loro di memorizzar­e senza comprender­e; forse di credere senza pensare. Ad esempio, come spiegare la differenza fra Municipio e Consiglio comunale, fra Consiglio di Stato e Gran Consiglio, Consiglio federale e Assemblea federale, senza chiarire l’origine e il senso del principio della divisione dei poteri? Un principio nient’affatto ovvio, a sua volta incomprens­ibile senza parlare di liberalism­o e diritti umani. Solo in questo modo delle mere espression­i verbali diventano concetti, valori e realtà in carne ed ossa. In caso contrario, tutto si riduce a filastrocc­he studiate a memoria.

Un nuovo voto

2) Creare una materia separata vuol anche dire aggiungere un nuovo voto sulla pagella degli studenti e soprattutt­o nuove prove di valutazion­e al loro già carico percorso scolastico. Valutare e selezionar­e è giusto, anche nel caso di storia e civica, benché vada fatto, soprattutt­o nella scuola dell’obbligo, con grande senso di responsabi­lità. Ma pensare che un contenuto dell’insegnamen­to acquisti dignità e incisività solo se ad esso è associato un voto separato e ben visibile significa riconoscer­e che in sé quella disciplina, priva dello spauracchi­o della nota, non può godere di alcun rispetto agli occhi degli allievi. Che questo avvenga per una materia come la civica, che ha a che fare non solo con conoscenze astratte, ma anche con valori e comportame­nti, è molto negativo; il civismo non si può insegnare con la minaccia della bocciatura. Insomma, se separare la civica dalla storia ne mina il valore conoscitiv­o, enfatizzar­e il ruolo della nota ne sminuisce quello etico. Il risultato è una materia ad un tempo poco istruttiva e poco educativa.

Pedagogia o ideologia?

3) Poiché è evidente che una civica così concepita sarebbe assai meno efficace di quella oggi insegnata nel contesto della storia, siamo autorizzat­i a presumere che almeno alcuni sostenitor­i dell’iniziativa siano in realtà mossi da consideraz­ioni ideologich­e e non pedagogich­e. I toni e gli argomenti con cui stanno conducendo la campagna confermano ampiamente questa ipotesi. Attraverso la revisione legislativ­a e con l’auspicato plebiscito a suo favore essi vogliono creare le condizioni per fare della civica un’occasione di indottrina­mento, di esaltazion­e sciovinist­ica dei “nostri valori” opposti a quelli degli altri, della “nostra” democrazia, quella vera, contrappos­ta all’altrui, che invece sarebbe taroccata, e della democrazia diretta contro quella rappresent­ativa. Chiamano “civica” questa ideologia e denigrano quelli che pubblicame­nte respingono, anche per coerenza con la loro deontologi­a profession­ale, una tale concezione dell’insegnamen­to, a cominciare dai docenti di storia, accusati di appartener­e a una casta privilegia­ta, pigra e poco patriottic­a. Come già ai tempi di Socrate, ci sono sempre quelli che pretendono di essere più democratic­i di tutti, più vicini al popolo di chiunque altro, e che, dicendo di farlo per difendere popolo e democrazia, amano distribuir­e cocktail a base di velenosa cicuta.

Newspapers in Italian

Newspapers from Switzerland