Leggere e non capire
La mente va allenata ogni giorno, pena la regressione. Perché la memoria è selettiva e col tempo ‘dimentica’ le conoscenze scolastiche.
Carlo, 64 anni, non riesce più a capire il mondo. Non tanto perché l’età passa e ogni gioventù s’inventa il proprio, di modo, inaccessibile alle generazioni precedenti. O meglio, anche per quello. Ma Carlo non riesce più a capire il mondo perché, pur leggendo tutti i giorni il giornale, sta perdendo il senso delle cose. Il significato. Si chiama “analfabetismo di ritorno” e nella sola Svizzera coinvolge almeno 800’000 persone, vale a dire il 10 per cento della popolazione non più in grado di leggere o scrivere correttamente. Di ritorno o funzionale, perché difficoltà da sempre avute, è un fenomeno che preoccupa l’intera Europa. Perché fuori dai confini nazionali le cose vanno peggio. In Paesi come Francia, Germania e Usa si calcola che più della metà della popolazione sia in queste condizioni, mentre in altre realtà più pedagogicamente “avanzate” – come Paesi Bassi, Finlandia, Corea e Giappone – la percentuale degli analfabeti di ritorno sfiora il 40 per cento. Le tecnologie hanno cambiato il mondo, ovvero abitudini e quotidianità. Ciò che sino a ieri era una semplice attività di routine, per non pochi di noi si è trasformata in una complicata operazione da risolvere. Capita in particolare dopo i 60 anni, come osservava alcuni anni fa Tullio De Mauro, linguista, secondo la regola del “meno cinque” che si traduce più o meno così: da adulti, se le conoscenze di base apprese a scuola non vengono coltivate, si regredisce di cinque anni rispetto ai livelli massimi raggiunti in gioventù. E bene lo spiegava De Mauro in un’intervista rilasciata tre anni fa al quotidiano napoletano ‘Il Mattino’: la regressione cognitiva, precisava l’esperto, è una tendenza di ordine biologico e psicologico. La nostra memoria tende a selezionare le informazioni acquisite e dopo una certa età, diciamo a partire dai 60 anni, si tende a regredire di cinque anni rispetto alle conoscenze acquisite durante gli studi. Sempre, beninteso, che non si eserciti l’intelligenza. Detta con un esempio, se il nostro mestiere non è quello del bancario, impiegato di commercio o ingegnere, le nostre capacità matematiche regrediscono in maniera sensibile. Questo sosteneva De Mauro. Un concetto e una preoccupazione che sono propri anche della campagna nazionale “Semplicemente meglio” che si propone la diffusione delle conoscenze di base. Promossa per il prossimo 8 settembre (cfr. programma a destra), in Ticino è gestita dall’Associazione leggere e scrivere della Svizzera italiana e dalla Conferenza della Svizzera italiana per la formazione continua degli adulti. L’idea di fondo è tanto semplice quanto importante: diffondere alcune proposte per la promozione delle competenze tra adulti che ne sono sprovvisti e incontrano difficoltà nella vita quotidiana. Come? Motivando i diretti interessati a frequentare corsi di lettura, scrittura, calcolo e computer. All’insegna dello slogan “Imparare è come mettere gli occhiali a un miope”.