Kim rilancia, Seul riarma
La Corea del Sud avverte: Pyongyang si prepara a effettuare nuovi lanci di razzi balistici Intesa fra Trump e Moon per potenziare l’arsenale missilistico convenzionale. Manovre diplomatiche all’Onu per nuove sanzioni.
Seul/New York – I missili balistici della Corea del Nord sono già sulla rampa di lancio, puntati sul Pacifico settentrionale, cioè sul territorio statunitense, con una “traiettoria standard”, simile a quella del razzo Hwasong-12, lanciato alla fine di agosto, che sorvolando il Giappone finì poi in mare. Le informazioni d’intelligence rilanciate ieri dai media sudcoreani hanno aggiunto tensione a una situazione già compromessa. Un quadro d’insieme in cui, alle manovre diplomatiche in corso all’Onu, si aggiungono le conferme che Seul sta potenziando il proprio arsenale di armi convenzionali. Una telefonata tra i presidenti Moon Jae-in e Donald Trump ha condotto infatti a un accordo per rimuovere il limite di carico alle testate dei missili in dotazione alla Corea del Sud. In base a una intesa già in vigore, Seul poteva finora sviluppare missili con un raggio fino a 800 km e potenza di carico fino a 500 kg, limite ora decaduto. Seul ha anche ufficializzato l’arrivo di altre quattro batterie antimissile americane Thaad nella base di Seongju. Mentre è in discussione con Washington lo schieramento di lunga permanenza al Sud di portaerei a propulsione nucleare, super bombardieri e altri potenti dispositivi militari in funzione di deterrenza. Ma che la Cina interpreta come mossa aggressiva nei propri confronti. Accanto a questi sviluppi, al palazzo di vetro si tengono riunioni su riunioni per concordare una condotta comune nei confronti di Pyongyang, che tutti sostengono di voler fermare. L’ambasciatrice Usa Nikki Haley ha già richiesto le “più forti misure possibili”, anticipando la circolazione di una bozza di risoluzione. Tra i provvedimenti potrebbe figurare anche il blocco dei beni nordcoreani. Moon, in un colloquio telefonico avuto in serata con il presidente russo Vladimir Putin, ha affermato infatti che è tempo che l’Onu “consideri seriamente i modi di bloccare le fonti di valuta estera di Pyongyang, incluso lo stop alle forniture di petrolio e all’export di forza lavoro”. Mentre l’ambasciatore cinese all’Onu Liu Jieyi ha chiesto a Pyongyang di “smettere di intraprendere azioni sbagliate” auspicando “misure pratiche” per risolvere pacificamente la crisi nell’Asia Orientale. Dall’esito negoziale del Consiglio di sicurezza dipenderà anche una possibile decisione di Pechino su sanzioni che includano l’embargo petrolifero anche parziale, ha lasciato intendere il portavoce del Ministero degli esteri cinese Geng Shuang.
Prove di guerra