La riforma 2020 e il piano B della destra
A sentirli parlare ai dibattiti sul tema della previdenza vecchiaia, uno potrebbe anche cascarci: Plr e Udc dicono no alla riforma sulla previdenza vecchiaia perché – così asseriscono – hanno a cuore gli interessi delle donne e dei giovani. Ma se guardiamo la storia di questo compromesso, uscito dalle Camere federali lo scorso mese di marzo, ci accorgiamo presto che così non è. Durante le lunghe trattative son proprio questi partiti che da una parte si sono opposti al miglioramento delle rendite di 70 franchi al mese per i futuri e gli attuali pensionati, e dall’altra hanno proposto interventi politici nonché un aumento automatico dell’età di pensionamento a 67 anni per tutti (e tutte!) combinato con un aumento dell’Iva se il fondo Avs dovesse scendere sotto un certo livello. Udc e Plr, inoltre, ostacolano sistematicamente l’introduzione di misure per garantire la parità alle donne: si oppongono, ad esempio, a controlli più severi nelle aziende affinché applichino la parità salariale o all’aumento dei mezzi finanziari per favorire la conciliabilità tra famiglia e lavoro. L’aspetto negativo di questa riforma è certamente l’innalzamento dell’età di pensionamento delle donne a 65 anni, ma in parlamento è stata la sinistra – non certo la destra! – a battersi per il mantenimento a 64 anni. Ironia della sorte: ora ci tocca sentire proprio dai rappresentanti di questi partiti proferire che la riforma penalizzerebbe le donne. Potrebbe anche far sorridere se il tema non fosse così serio e la posta in gioco così alta: le persone toccate sono molte e le risposte devono essere sincere, serie ed adeguate. La riforma 2020 della previdenza vecchiaia è un compromesso che comporta diversi vantaggi per chi ha un salario modesto e per chi lavora a tempo parziale. Per la prima volta da 42 anni ci sarà un aumento sostanziale delle rendite Avs: 840 franchi all’anno per le persone singole e fino a 2’700 franchi per le coppie. Si tratta di un aumento del 6% per chi ha una rendita bassa e del 3% per chi riceve il massimo della rendita Avs. Un miglioramento che andrà a beneficio soprattutto delle donne, visto che 500’000 donne che lavorano hanno diritto solo all’Avs. Combinato con un miglior calcolo del salario assicurato, tutte le persone con un salario situato tra i 21’150 e i 55’000 franchi all’anno potranno migliorare la loro previdenza professionale. Due terzi degli assicurati che si trovano in questa categoria di reddito sono donne, e un po’ più della metà di loro ha un salario inferiore ai 55’000 franchi. Inoltre, grazie all’aumento di 70 franchi, per le donne con un salario inferiore ai 40’000 franchi sarà ancora possibile andare in pensione a 64 anni, senza perdite sulla rendita. La destra non vuole favorire le donne e i redditi modesti. Non vuole, e su questo aspetto è perlomeno esplicita, un rafforzamento dell’Avs, il pilastro più solidale del nostro sistema pensionistico. Perché diciamolo: rafforzare l’Avs vuol dire rafforzare la solidarietà, ed è nell’interesse del ceto medio e medio-basso. Plr e Udc spingono sul risparmio individuale, favorendo così gli assicuratori privati che hanno tutto l’interesse a stipulare contratti per pacchetti previdenziali che garantiscono loro interessanti guadagni. Ma non solo: il modello portato avanti da Plr e Udc, puntando sul rafforzamento del secondo pilastro a scapito del primo, penalizzerà le giovani generazioni che dovranno pagare contributi salariali ben maggiori per poter disporre di un minimo vitale per la vecchiaia. Con due Sì alla riforma 2020 della previdenza vecchiaia saranno garantite le rendite Avs almeno fino al 2030, e, soprattutto, sarà bloccato il “piano B” della destra che vuole lo smantellamento dell’Avs, l’aumento dell’età di pensionamento delle donne a 65 anni – ma senza contropartita! – seguito da un aumento generalizzato dell’età di pensionamento a 67 anni per tutti.