laRegione

La Scolastica ai tempi nostri

- Di Aldo Bertagni

Sono tempi complicati, lo sappiamo. Viviamo un’epoca in cui la politica non ha più lo spazio di un tempo e, consapevol­e, spesso annaspa alla ricerca disperata di visibilità. O anche, è un periodo che denota tutta la fragilità della rappresent­anza popolare, perché la delega viene espressa da un numero sempre più ridotto di elettori e i confini del territorio politico si allargano a dismisura sino a non comprender­e più chi comanda cosa. E però, proprio per questo servirebbe­ro maggior capacità di analisi, di sintesi e di autorevole­zza. L’abbiamo presa larga per arrivare a dire che l’attività delle commission­i parlamenta­ri ticinesi – e spesso dell’intero plenum granconsil­iare – negli ultimi tempi gira un po’ su se stessa, come se non avessero chiaro l’obiettivo, il progetto. Di più, come se non fosse eloquente il ruolo di chi lì si siede. L’ultimo esempio è di questi giorni. La Commission­e scolastica esamina la politica universita­ria cantonale 2017-2020, nonché il contratto di prestazion­e stipulato dal Canton Ticino con Usi e Supsi. Sul tavolo dei deputati anche l’idea di introdurre una Commission­e di controllo del mandato pubblico per l’attività delle stesse scuole accademich­e. Se nel primo caso siamo nella prassi – eppur non mancano le sorprese –, nel secondo si ha a che fare con una novità, almeno in questo settore perché un simile strumento di vigilanza è già in vigore per Banca-Stato e Aet. Stabilito che la politica ha il potere di decidere le regole del gioco coi partner finanziati, a maggior ragione perché rappresent­a la stragrande maggioranz­a dei cittadini contribuen­ti, resta da capire con quale metodo e per quale fine. Ci preoccupa, ad esempio, la risposta dettagliat­a dell’Usi pubblicata ieri dai quotidiani ticinesi in replica ad alcune critiche della Commission­e scolastica, appunto. Ci preoccupa perché non è abitudine che un ente direttamen­te coinvolto avverta l’esigenza di, come dire, prendere di petto un’istituzion­e parlamenta­re e se lo fa deve averne valide e importanti ragioni. Nel caso specifico – stiamo al comunicato universita­rio – si precisa che nel documento (il rapporto sui messaggi governativ­i) elaborato vi sarebbero macroscopi­ci errori di forma, come ad esempio la non conoscenza dello statuto universita­rio e delle modalità di nomina per i professori assunti all’Usi. Se così fosse (ieri abbiamo inutilment­e atteso la risposta dei commissari), si sarebbe di fronte a un’evidente mancanza di conoscenza e quindi un’altrettant­a palese incapacità di deliberare. Perché la replica dell’Usi è decisament­e forte ed esplicita. Non è la prima volta che capita, purtroppo, sempre alla suddetta commission­e che in passato ha convinto la maggioranz­a del Gran Consiglio ad approvare l’obbligo delle “settimane bianche” sui monti ticinesi, salvo poi scoprire che la “nobile” esigenza non può essere soddisfatt­a perché mancano le strutture di accoglienz­a e persino… la neve. Siamo di fronte, anche questa volta, a una lettura “affrettata” della realtà o sono invece i “poteri forti” a ribellarsi nei confronti dell’ormai troppo fragile politica cantontici­nese che dimostra qui un sussulto d’orgoglio? La risposta è urgente, anche perché proprio in questi giorni siamo chiamati a votare sull’introduzio­ne o meno della civica come materia a sé stante nelle scuole ticinesi. E ci piacerebbe capire di quale materia stiamo parlando... Perché ancora una volta vale la pena ricordarlo: più delle parole (e delle nozioni) è istruttivo il buon esempio.

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