La civica...
Entriamo tardivamente nel dibattito pur essendo fra i principali protagonisti, almeno per quanto riguarda il liceo. Il nostro gruppo riunisce infatti i delegati (...)
(...) dei cinque licei cantonali per la materia economia e diritto, che per regolamento è l’unica chiamata formalmente ad insegnare civica e cittadinanza in prima liceo, valutandone gli apprendimenti, e che di fatto se ne fa carico in modo preponderante anche negli anni successivi, soprattutto in quarta ma anche nei corsi curricolari di approfondimento. Dunque, per quanto riguarda il liceo, le accuse di inadempienza rivolte genericamente alla scuola ed ai docenti, nello specifico a quelli di storia, in realtà sarebbero destinate a noi. Ciononostante, prima di intervenire ci siamo dati la pena di sospendere il giudizio per osservare e analizzare senza pregiudizi, e cercare così di cogliere le differenti sensibilità in campo e gli interessi in gioco (soprattutto quelli non dichiarati). Abbiamo cioè agito in linea e coerenza con quanto insegniamo ai ragazzi che stanno diventando cittadini a pieno titolo, ossia “maturi” nell’accezione formulata a livello federale e cantonale: individui dotati di spirito d’apertura e di indipendenza di giudizio, qualità indispensabili per il cittadino-libero-pensatore dotato di solido senso critico, qualità che sembrano invece essere venute meno nel dibattito su questa iniziativa. Il paradosso vuole infatti che coloro che si dichiarano paladini dell’educazione del cittadino finiscano per predicare bene ma razzolare malissimo. Hanno peraltro schierato i pezzi da novanta della politica e del giornalismo: tutti insieme a pronunciare un corale biasimo fondato su una lettura acritica dello studio Supsi, sulla base del quale formulano i giudizi sommari che abbiamo letto ed ascoltato. Lo studio della Supsi, a cui peraltro non si riferiscono solo i fautori ma anche i contrari (sic!), dà ragione a chiunque pretenda di averla in modo acritico e presumibilmente anche un po’ pretestuoso. È vero, ad esempio, che molti allievi in uscita non sanno snocciolare le nozioni di civica che si richiedono agli stranieri che si candidano per acquisire la nostra cittadinanza? È vero… purtroppo. Come peraltro è vero che resta ben poco anche delle nozioni di chimica, di storia dell’arte, di geografia ecc. Questa è infatti un’altra storia, che ha a che fare con dinamiche epocali, con l’influsso delle nuove “agenzie formative” tecnologiche eccetera. Ed è vero, come affermano i contrari, che lo studio attesta discreti risultati nell’educazione del cittadino? È vero anche questo, e se si usa un po’ di senso critico si capisce che non c’è contraddizione. I successi registrati non riguardano infatti le nozioni ma le qualità del cittadino di cui dicevamo sopra. Che poi sono le stesse qualità che costituiscono l’obiettivo dell’intero curricolo liceale, scuola di cittadinanza per antonomasia. Potremmo fare meglio? Certo, ma non grazie alle incursioni della politica nell’ambito della libertà della scienza che da sempre viene garantita alla scuola ticinese. La politica ha il compito di stabilire gli obiettivi e lo ha fatto a suo tempo: abbiamo un’ottima base legale per la formazione del cittadino. Ora: così come la politica formula le condizioni-quadro della ricerca scientifica ma poi non si arroga il diritto di limitare la libertà scientifica del ricercatore, analogamente è deleterio che chi non sa nulla di scuola stabilisca (peraltro senza porsi alcun ragionevole dubbio) come devono essere raggiunti gli obiettivi e addirittura pretenda di verificarne il raggiungimento. Come? Con controlli a sorpresa? Con batterie di test in uscita? Per verificare cosa? Se in classe si batte la fiacca? E come si stabilisce se si sta lavorando con successo sul rafforzamento del libero arbitrio del cittadino? Chiedendogli se sa sciorinare i nomi dei consiglieri federali a partire dal 1848? Ci rivolgiamo agli indecisi, a coloro che presumibilmente – quindi – non hanno ancora votato. Gli altri, quelli con la verità in tasca, avranno votato il giorno stesso del recapito del materiale di voto; tanto avevano già la risposta prima ancora di formulare la domanda e di ascoltare – con apertura mentale e indipendenza di giudizio – il parere di chi la pensa diversamente, così come dovrebbe fare un cittadino-libero-pensatore ben formato dalla scuola… Onestamente – e autocriticamente – ammettiamo che potremmo fare di più, in particolare noi di economia e diritto. Soprattutto, potremmo farlo se fosse ripristinata la seconda ora della nostra materia in prima che, ad inizio millennio, ci consentiva di fare un buon lavoro sul piano della formazione del cittadino, e che è stata paradossalmente sacrificata dalla politica sull’altare della “simmetria dei sacrifici” solo dopo pochissimi anni dall’introduzione dell’obbligo di fare civica ed educazione alla cittadinanza. Lo stesso nostro approccio autocritico lo vorremmo incontrare nei politici che, dopo essersi rifiutati di garantire le necessarie risorse, plebiscitano un progetto che ordina al malato di guarire con i farmaci decisi da chi di farmacia non ne sa nulla. Uno scaricabarile sulla scuola da parte di quegli stessi esponenti politici che al contempo evitano di focalizzare l’attenzione su una delle principali cause della disaffezione dei giovani verso le istituzioni politiche e democratiche: l’esempio dato dai politici stessi. Quale giovane si rispecchia, ammira, vorrebbe emulare la nostra attuale classe politica? A questi signori chiediamo: con quale motivazione è possibile infondere la passione politica? Insegnando civica e cittadinanza come fossero le “istruzioni per l’uso” della democrazia? Introducendo in pagella una nuova nota scorporata dalle altre? Con la deterrenza dell’insufficienza in civica? Al cittadino l’onere di rispondere, nella speranza che metta in campo una sensibilità civica ben maggiore di chi difende questa scellerata iniziativa.