Accordo frontalieri, tempi lunghi
Lo precisa il Consiglio di Stato che risponde alla mozione Galusero sui permessi dimora
La misura, a tutela dell’ordine pubblico, ha sin qui funzionato e infatti in poco più di due anni (dal 2015 a fine luglio 2017) sono state esaminate 53’848 domande per il rilascio e il rinnovo dei permessi B e G concessi ai lavoratori stranieri; ebbene in 444 casi si sono riscontrati “elementi di natura penale” e per 162 di questi ultimi l’Ufficio della migrazione ha revocato o negato il permesso in questione. Sono le cifre indicate dal Consiglio di Stato nella risposta alla mozione Galusero e cofirmatari (risalente al maggio 2015) sulle procedure relative, appunto, alla concessione dei documenti sopraccitati. L’obbligo, per chi viene a lavorare in Canton Ticino, di presentare il casellario giudiziale è stato trasformato in “azione volontaria”, come ricorda il governo, ma questa nuova modalità entrerà in vigore solo con la firma del nuovo accordo italosvizzero sulla doppia imposizione fiscale dei lavoratori frontalieri; lo stralcio dell’obbligatorietà, infatti, era stato richiesto dall’Italia come condizione per sottoscrivere il patto in questione. Orbene, nel contempo nulla è capitato nonostante tutto lasciasse immaginare un’ormai veloce conclusione della lunga trattativa. Così non è anche perché “sembrerebbe che l’agenda politica italiana non consideri prioritaria la conclusione dell’accordo” scrive il Consiglio di Stato, senza contare il malumore delle autorità comunali e regionali d’oltre frontiera che certo non agevola una rapida conclusione. Detta altrimenti, “questa situazione lascia supporre un’ulteriore dilazione dei tempi” per sottoscrizione dell’accordo. Siamo dunque in una situazione di stallo, con il governo ticinese che ha fatto un passo indietro e le autorità italiane ferme ai box, oggi silenti. In un simile contesto diventa complicato anche dar seguito alla richiesta dei mozionanti che chiedono un periodo di prova prima della concessione del permesso di dimora, sempre a garanzia dell’ordine pubblico. Date le attuali condizioni di assunzione dei lavoratori, la misura è inattuabile. Non solo. La misura richiesta “sarebbe difficilmente giustificabile con motivazioni di ordine e sicurezza pubblica in quanto riveste per lo più un carattere economico” conclude il governo.