‘Radar, ancora non ci siamo’
L’obbligo di annunciare le sedi dei controlli non ha placato i toni. La discussione è sempre viva
Dadò (Ppd) e Chiesa (Udc), che si erano battuti per un aumento della prevenzione, non sono soddisfatti. Le cose non sembrano essere cambiate.
«L’attuale misura è una presa in giro per il Gran Consiglio e, soprattutto, per il cittadino», questo il commento di Fiorenzo Dadò (Ppd) a proposito delle segnalazioni settimanali della Polizia cantonale riguardanti le località interessate da controlli della velocità. Dallo scorso 1° luglio, infatti, le forze di polizia sono tenute a rendere noti i nomi dei comuni nei quali, nel corso della settimana, verranno posizionati dei radar mobili. «Il nostro intento iniziale era enfatizzare l’aspetto legato alla prevenzione di infrazioni e incidenti – spiega Marco Chiesa (Udc), promotore, assieme a Dadò, del progetto iniziale –. Il nostro auspicio era che ci fosse un nesso chiaro tra il luogo del rilevamento e la logica delle azioni preventive». Scuole e asili nido, cantieri e strisce pedonali, in base alla prima richiesta al Dipartimento delle istituzioni, avrebbero quindi dovuto essere le sedi di questi controlli. «Inizialmente, la nostra proposta non prevedeva alcun tipo di segnalazione – precisa Chiesa –. L’intenzione era quella di produrre un cambiamento dello spirito con cui i rilievi della velocità venivano effettuati». Nei primi mesi del 2014, quando i due esponenti di Ppd e Udc avevano depositato la mozione, teneva banco la diatriba sul numero eccessivo di controlli di polizia e sui super-radar (apparecchi di ultima generazione in grado di rilevare i numeri di targa, la distanza tra veicoli e l’eventuale presenza di mezzi in contromano, ndr). «La segnalazione dei radar tramite un cartello posto 200 metri prima della loro posizione creava qualche problema – ammette Dadò –. Bisognava trovare un sistema più orientato verso la prevenzione. La situazione attuale, però, non porta a nulla. Non è stata rispettata la volontà del legislatore». Dal canto suo, Marco Chiesa riprende quanto espresso anche nel testo della mozione: «L’impressione è che i controlli vengano fatti dove la possibilità di commettere infrazioni, e quindi di ‘fare cassa’, è maggiore e non dove c’è reale necessità di fare della prevenzione – ribadisce il consigliere nazionale Udc –. Oggi mi chiedo l’utilità della misura messa in atto. Non è importante sapere dove viene effettuato il controllo. Noi volevamo solo una dimostrazione di buona fede: ci premeva avere la certezza che si agisse per il bene del cittadino, e non per nuocere al suo portafoglio».
La polizia spiega
Interpellata dalla ‘Regione’, la Polizia cantonale fa sapere che “i controlli mobili non vengono effettuati nelle località segnalate sull’arco di tutta la settimana.
Vi è un’alternanza dei rilevamenti legata ai mezzi a disposizione della Cantonale e delle Comunali”. Le località vengono scelte in base alla presenza di “tratti di strada ritenuti sensibili”. Inoltre, a proposito dell’affidabilità delle liste fornite, si spiega che “i controlli vengono effettuati sul territorio comunale comunicato. Non si può escludere un controllo, considerata la riserva a favore della Polizia cantonale per prevenire gravi infrazioni”. «Ho intenzione di presentare una mozione in cui si chiede che i proventi dei controlli radar vengano interamente utilizzati per la prevenzione, penso agli interventi sulle strade e ai radar amici – dichiara l’insoddisfatto Dadò –. In ambito venatorio, quanto ricavato dalle multe di caccia finisce in un fondo da utilizzare per interventi a tutela della natura».