La crisi più grave tra Madrid e Barcellona
Madrid – È la crisi istituzionale più grave dalla morte di Franco nel 1975. Su questo, tutti sembrano d’accordo, favorevoli o no che siano al referendum catalano sull’indipendenza. Ieri, il premier spagnolo Mariano Rajoy ha denunciato alla Corte costituzionale il decreto di convocazione del referendum firmato dal presidente Carles Puigdemont e da tutti i ministri catalani, e la legge sul referendum adottata dal parlamento di Barcellona. Il referendum “non si farà”, ha assicurato: «Farò il necessario, senza rinunciare a nulla, per impedirlo». L’immediata sospensione delle due decisioni da parte della Consulta è scontata. Il procuratore generale dello Stato José Manuel Maza ha già annunciato di aver denunciato Puigdemont, i ministri catalani e la presidenza del parlamento regionale per “disobbedienza, abuso di potere e malversazione di danaro pubblico”. Rischiano il carcere. Rajoy ha l’appoggio certo degli altri due grandi partiti unionisti spagnoli Psoe e Ciudadanos, e ha mobilitato tutto l’apparato statale per impedire una consultazione già dichiarata fuori legge da precedenti sentenze della Consulta. La Costituzione del 1979 – varata durante la transizione dalla dittatura alla democrazia – dichiara indivisibile il territorio dello Stato spagnolo. Il procuratore Maza ha ordinato alla polizia di indagare su ogni azione che preluda allo svolgimento del referendum. Sono iniziate perquisizioni in una tipografia sospettata di produrre materiale per il voto. «Perdono tempo», ha ironizzato il ministro degli Interni catalano Joaquim Forn. Ma la Guardia Civil spagnola ha rafforzato la propria presenza in Catalogna e la notte scorsa è stato annullato il trasferimento di 200 agenti in altre regioni. Uno dei primi obiettivi della polizia spagnola sarà cercare di trovare e sequestrare le seimila urne che Puigdemont ha detto di avere già predisposto. Il presidente ha confermato che andrà avanti, pronto a uscire dalla legalità spagnola in nome della “legittimità catalana”.