L’utopia dello spirito
Libertà e cambiamento sono i principi della comunità di Damanhur, in Piemonte
Vita comunitaria in una delle ‘famiglie’ in cui è divisa la comunità, e una spiritualità che unisce gli antichi Sumeri alle civiltà del subcontinente indiano, all’Islam e al Cristianesimo
Quaranta anni di un sogno. O di un’utopia. A ciascuno la libertà di scegliere quale termine utilizzare per descrivere Damanhur. E ‘Libertà di scegliere’ è, infatti, uno dei fondamenti della filosofia di questa piccola comunità che dalla metà degli anni Settanta si è installata in Val Chiusella, non distante da Ivrea. Oggi cresciuta fino a contare su circa seicento membri (dai dieci che erano alla fondazione!) Damanhur si è aperta al mondo, con iniziative che spaziano dalla cultura – l’Università damanhuriana offre corsi e convegni di alto livello su argomenti svariati – alla sanità – all’interno del Centro visitatori è presente un poliambulatorio aperto al pubblico –, dal commercio – Damanhur Crea è un insieme di laboratori artigianali con annessi negozi – al turismo. Quest’ultima voce rappresenta quella probabilmente di maggior interesse, per la comunità, perché oltre ad essere una grande fonte di introiti offre la possibilità di farsi conoscere, di diffondere i principi e le idee, le filosofie e lo stile di vita di Damanhur. Sono diverse migliaia i visitatori che, ogni anno, raggiungono questa località sperduta nell’Alto Piemonte. Torino non è lontana, almeno geograficamente: se guardiamo ai trasporti, invece, ci si rende conto che arrivare a Baldissero Canavese non è così semplice. Se poi consideriamo che la quasi totalità dei visitatori viene dall’Europa settentrionale e, ancora di più, dal Nord America – “solo il 4 per cento dall’Italia”, mi dicono al Centro visitatori – ci si rende conto che chi viene qua, effettivamente ‘vuole’ venirci, ‘ha scelto’ di venire a Damanhur. Magari seguendo il consiglio di un amico, come la coppia californiana che incontro durante la visita. Ritorna il tema della scelta. ‘Scegliere’ è una delle parole d’ordine della comunità. “Chi viene qua – mi conferma la mia guida – può scegliere in quale delle diverse ‘famiglie’ damanhuriane inserirsi, quale lavoro fare”. Quello della famiglia, a Damanhur, è un concetto nettamente diverso rispetto al mondo esterno. Non è una faccenda di
sangue, quanto di affinità. E di numeri. “Ogni famiglia può contare su venti, venticinque componenti, anche di più. Si può arrivare a quaranta. Si vive tutti assieme, nella stessa casa, si mangia assieme, si condivide tutto”. Una cosa che, riconosce la mia guida, costituisce lo scoglio principale per chi arriva da fuori con l’idea di unirsi alla comunità. Anche per chi è dentro, comunque, la famiglia è tutto tranne che intoccabile. Negli anni, si cambia: e siccome per i damanhuriani i cambiamenti sono l’essenza della vita, ecco che cambiare famiglia, lavoro, ruolo nella comunità, diventa una cosa naturale. “Ci si può spostare da una famiglia ad un’altra, o svolgere un lavoro diverso da quello che si faceva prima”.
Il Tempio dell’umanità
Per il semplice visitatore, l’attrazione principale di Damanhur è sicuramente il Tempio dell’umanità: sette sale, completamente sottoterra, a cui si accede attraverso una serie di stretti cunicoli, che assomigliano molto alle gallerie delle miniere. Complessivamente, per realizzarlo Falco Tarassaco e i suoi compagni hanno sbancato qualcosa come 8’500 metri cubi di montagna nello spazio di quattro decenni. Ogni sala è diversa, nel nome (Acqua, Terra, Metalli, Labirinto, Sfere, Specchi e Azzurra, la primissima scavata). Ovunque, segni e simboli esoterici, magici, spirituali, derivati da un po’ tutte le culture e le civiltà che si sono succedute sul pianeta, dagli antichi Sumeri ai Maya, dalle diverse civiltà del subcontinente indiano e dell’Asia agli antichi egizi, dalla Persia di Zaratustra alle religioni animiste per giungere all’Islam e al Cristianesimo. Ci sono anche numerose iscrizioni in quella che la mia guida chiama ‘Lingua sacra’, un idioma che riunisce elementi di decine di altre lingue, moderne ed antiche, vive e scomparse. “Nulla nel tempio è lasciato al caso, ogni segno, simbolo, oggetto presente ha un significato ed un perché”, la sua spiegazione. Un insieme senza senso? Per qualcuno, forse molti, è così. Per altri, è la rappresentazione dell’Umanità intera. D’altronde, questo è o no il Tempio dell’umanità?