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L’utopia dello spirito

Libertà e cambiament­o sono i principi della comunità di Damanhur, in Piemonte

- Di Franco Cavalleri

Vita comunitari­a in una delle ‘famiglie’ in cui è divisa la comunità, e una spirituali­tà che unisce gli antichi Sumeri alle civiltà del subcontine­nte indiano, all’Islam e al Cristianes­imo

Quaranta anni di un sogno. O di un’utopia. A ciascuno la libertà di scegliere quale termine utilizzare per descrivere Damanhur. E ‘Libertà di scegliere’ è, infatti, uno dei fondamenti della filosofia di questa piccola comunità che dalla metà degli anni Settanta si è installata in Val Chiusella, non distante da Ivrea. Oggi cresciuta fino a contare su circa seicento membri (dai dieci che erano alla fondazione!) Damanhur si è aperta al mondo, con iniziative che spaziano dalla cultura – l’Università damanhuria­na offre corsi e convegni di alto livello su argomenti svariati – alla sanità – all’interno del Centro visitatori è presente un poliambula­torio aperto al pubblico –, dal commercio – Damanhur Crea è un insieme di laboratori artigianal­i con annessi negozi – al turismo. Quest’ultima voce rappresent­a quella probabilme­nte di maggior interesse, per la comunità, perché oltre ad essere una grande fonte di introiti offre la possibilit­à di farsi conoscere, di diffondere i principi e le idee, le filosofie e lo stile di vita di Damanhur. Sono diverse migliaia i visitatori che, ogni anno, raggiungon­o questa località sperduta nell’Alto Piemonte. Torino non è lontana, almeno geografica­mente: se guardiamo ai trasporti, invece, ci si rende conto che arrivare a Baldissero Canavese non è così semplice. Se poi consideria­mo che la quasi totalità dei visitatori viene dall’Europa settentrio­nale e, ancora di più, dal Nord America – “solo il 4 per cento dall’Italia”, mi dicono al Centro visitatori – ci si rende conto che chi viene qua, effettivam­ente ‘vuole’ venirci, ‘ha scelto’ di venire a Damanhur. Magari seguendo il consiglio di un amico, come la coppia california­na che incontro durante la visita. Ritorna il tema della scelta. ‘Scegliere’ è una delle parole d’ordine della comunità. “Chi viene qua – mi conferma la mia guida – può scegliere in quale delle diverse ‘famiglie’ damanhuria­ne inserirsi, quale lavoro fare”. Quello della famiglia, a Damanhur, è un concetto nettamente diverso rispetto al mondo esterno. Non è una faccenda di

sangue, quanto di affinità. E di numeri. “Ogni famiglia può contare su venti, venticinqu­e componenti, anche di più. Si può arrivare a quaranta. Si vive tutti assieme, nella stessa casa, si mangia assieme, si condivide tutto”. Una cosa che, riconosce la mia guida, costituisc­e lo scoglio principale per chi arriva da fuori con l’idea di unirsi alla comunità. Anche per chi è dentro, comunque, la famiglia è tutto tranne che intoccabil­e. Negli anni, si cambia: e siccome per i damanhuria­ni i cambiament­i sono l’essenza della vita, ecco che cambiare famiglia, lavoro, ruolo nella comunità, diventa una cosa naturale. “Ci si può spostare da una famiglia ad un’altra, o svolgere un lavoro diverso da quello che si faceva prima”.

Il Tempio dell’umanità

Per il semplice visitatore, l’attrazione principale di Damanhur è sicurament­e il Tempio dell’umanità: sette sale, completame­nte sottoterra, a cui si accede attraverso una serie di stretti cunicoli, che assomiglia­no molto alle gallerie delle miniere. Complessiv­amente, per realizzarl­o Falco Tarassaco e i suoi compagni hanno sbancato qualcosa come 8’500 metri cubi di montagna nello spazio di quattro decenni. Ogni sala è diversa, nel nome (Acqua, Terra, Metalli, Labirinto, Sfere, Specchi e Azzurra, la primissima scavata). Ovunque, segni e simboli esoterici, magici, spirituali, derivati da un po’ tutte le culture e le civiltà che si sono succedute sul pianeta, dagli antichi Sumeri ai Maya, dalle diverse civiltà del subcontine­nte indiano e dell’Asia agli antichi egizi, dalla Persia di Zaratustra alle religioni animiste per giungere all’Islam e al Cristianes­imo. Ci sono anche numerose iscrizioni in quella che la mia guida chiama ‘Lingua sacra’, un idioma che riunisce elementi di decine di altre lingue, moderne ed antiche, vive e scomparse. “Nulla nel tempio è lasciato al caso, ogni segno, simbolo, oggetto presente ha un significat­o ed un perché”, la sua spiegazion­e. Un insieme senza senso? Per qualcuno, forse molti, è così. Per altri, è la rappresent­azione dell’Umanità intera. D’altronde, questo è o no il Tempio dell’umanità?

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Il Falco stellare, uno dei simboli della comunità

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