Civica e etica
Educare non significa, come molti credono, infondere la vista ma significa accompagnare a volgere lo sguardo nella direzione giusta: questo messaggio, contenuto nella ‘Repubblica’ di Platone, è giunto fino a noi a ricordarci che l’educazione è un viaggio molto intimo e personale; un viaggio che ciascuno può compiere accompagnato da un maestro che sappia indicare la strada per imparare a vedere la realtà con i propri occhi. Socrate conclude con questa riflessione il racconto del mito della caverna, metafora immortale della ascesa alla conoscenza: (...)
Segue dalla Prima (...) il viaggio faticoso, e doloroso, che conduce dal buio dell’ignoranza e delle false opinioni alla luce del sole. E che cosa rappresenta il sole? Il sole altro non è che l’idea del bene che illumina la conoscenza. In questo modo il bene e la ricerca della verità vengono per sempre intrecciati nell’esperienza della conoscenza e nella sua luminosa bellezza. Queste atmosfere di un antico messaggio, scolpito nelle radici della nostra civiltà, a me sembra custodiscano un paio di idee che possono gettare un po’ di luce sul disorientamento etico che attraversa questa nostra epoca di grandi trasformazioni.
L’educazione è sempre educazione etica
1. L’educazione è sempre educazione etica. E ciò perché l’etica si esprime innan- zitutto nel riconoscimento del valore intrinseco alla vita, il valore della propria vita e della vita dell’altro. L’etica sboccia nella nostra dimora interiore, nell’aprirsi al mondo, nell’incontro con lo sguardo dell’altro che ci interpella. L’etica in quanto patrimonio di valori condivisi o condivisibili si nutre di questa esperienza intima del valore. Il valore insomma viene prima dei valori: l’esperienza intima del valore è premessa ineludibile per un autentico riconoscimento dei valori e per un’autentica adesione alle forme di convivenza che caratterizzano una comunità politica e la sua storia. L’esperienza del valore è il terreno su cui può sbocciare e fiorire il sentimento di appartenenza, ovvero il desiderio e la capacità di star bene al mondo assieme agli altri. L’educazione alla cittadinanza, di cui oggi giustamente ci preoccupiamo, trova qui il suo significato. Educazione alla cittadinanza è allora innanzitutto impegno educativo a far sbocciare in ogni persona il sentimento di appartenenza nel rispetto di sé e dell’altro; impegno educativo a coltivare una coscienza civile da cui soltanto può discendere la comprensione dei propri diritti e dei propri doveri e la comprensione del valore della democrazia e delle sue istituzioni. Coscienza civile: nello slancio illuminista che esprimeva con forza la fiducia nell’uomo e nel progresso della civiltà, Kant dà forma a questa visione dell’etica, individuando nella legge morale la sorgente della convivenza e del sentimento di appartenenza: “Agisci in modo da trattare l’umanità, nella tua persona e nella persona dell’altro, sempre come un fine e mai come un semplice mezzo”.
L’esperienza della conoscenza
2. L’educazione alla cittadinanza si compie grazie all’esperienza della conoscenza. È necessario qui sottolineare il termine “esperienza” che rinvia ad un processo lento di comprensione e di consapevolezza. L’esperienza della conoscenza non è pura acquisizione di saperi immediatamente spendibili: per restare dentro le atmosfere dell’antica saggezza, l’esperienza della conoscenza è scrittura nell’anima. L’impegno educativo della scuola si esprime nell’offrire, in tutti i suoi insegnamenti, questa intima esperienza della conoscenza come esperienza etica. Certamente la dimensione storica è quella in cui i valori della convivenza raccontano la loro origine rendendo comprensibile la realtà in cui viviamo. La storia ci permette non solo di sapere che la realtà è così, ma anche di comprendere perché; ci permette di comprendere che la realtà non è un semplice dato di fatto di cui prendere atto ma è il risultato di scelte compiute da chi ci ha preceduto nel tempo. La storia dunque come fonte di consapevolezza dell’impegno responsabile di ciascuno nella propria vita. E ciò perché la comprensione, nel lento processo dell’esperienza della conoscenza, parla il linguaggio del senso. Prima di essere uno strumento utile, il sapere si offre come fonte di consapevolezza. E questo può accadere in ogni disciplina. Mi capita spesso di sostenere che anche una lezione di matematica può essere una splendida lezione di etica. Impegnarsi a pensare meglio, sosteneva Blaise Pascal, è il principio della morale. Fare esperienza del proprio pensiero, riconoscere le proprie capacità, ma anche i propri limiti e gli errori sempre possibili, confrontandosi con il pensiero di un altro e alla fine saper guardare una formula matematica, dopo averla magari faticosamente compresa, e dire “che bella”, senza pensare subito a come utilizzarla. Quella bellezza può avere una profonda ricaduta etica sulla mia vita. Bello e buono… e vero, di quella verità che nasce in noi, nell’essere veri: è a questo valore della conoscenza che allude l’antico messaggio quando parla di scrittura nell’anima. Questa è la scuola che abito da una vita: una splendida quanto difficile avventura educativa che ho condiviso, in tanti anni di aula, con colleghi, studenti e docenti in formazione. Un’avventura educativa che non ha bisogno di scorciatoie controproducenti come quella proposta dalla legge in votazione il 24 settembre. L’insegnamento delle peculiarità della nostra democrazia, delle sue istituzioni e delle forme del suo funzionamento è certamente un compito fondamentale della scuola nel formare cittadini consapevoli, capaci di pensare con la propria testa. Ma, lo ribadisco, la comprensione parla il linguaggio del senso. E che senso possono mai avere informazioni di civica scorporate dalla loro storia e dal valore di tante esperienze della conoscenza che aprono la mente e il cuore dei giovani alla vita e alle loro responsabilità di cittadini?