laRegione

Botteghe d’altri tempi

- Di Daniela Carugati

‘Guardare e non toccare è una cosa da imparare’. Quante volte chi è ormai entrato nei fatidici ‘anta’ se l’è sentito ripetere? Quando si varcava la soglia della bottega di quartiere, soprattutt­o se si era piccoli, le mani bisognava tenerle a posto. Almeno era così fino a qualche anno fa. Niente fai da te, niente ‘self service’: neanche a pensarci. Spettava alla persona dietro al bancone andare a prendere quel tal prodotto o quella merce, che poi finiva nella sporta della mamma. La farina era sfusa e il latte nel cartone triangolar­e. Ma quella era l’epoca dei piccoli empori dietro l’angolo. Ovvero di quei negozi di paese che oggi rischiano di finire nella lista delle abitudini in via di estinzione. Non fosse per le cooperativ­e di consumo che, qua e là nel cantone, cercano di resistere, a fatica, sugli spacci di periferia sarebbe già calata la saracinesc­a, e da un bel pezzo. Eppure l’ambizione di essere dei luoghi di incontro e di chiacchier­a non è ancora tramontata, così come l’aspirazion­e di vantare prodotti a ‘chilometro zero’. Da troppo tempo, però, siamo entrati tutti quanti nella logica del centro commercial­e, dove si ha tutto a portata di mano: dal pane all’aspirina, dai calzini al profumo. Nella logica delle interminab­ili superfici di vendita, da un ventennio aperte anche la domenica e nei giorni festivi. E tutto ciò nella convinzion­e che con quel modo di fare ‘shopping’ si perda meno tempo. Ma sarà poi così vero? È indubbio, andare di bottega in bottega era una sorta di elogio alla lentezza e alla voglia di prendersi il tempo necessario, anche per sbrigare le commission­i quotidiane. La lista della spesa tra le mani, prima si passava dal macellaio, poi si faceva un salto dal fruttivend­olo, infine si approdava nella bottegucci­a, minuscola ma ben fornita, per completare la dispensa. Un rito che aveva il suo perché. E che nessuno osava mettere in discussion­e. Per i bambini, poi, d’estate ci scappavano anche i soldini per andare a comperare un bel gelato. Che aveva tutto un altro sapore. La scelta? Tra il ghiacciolo o il cornetto industrial­i o magari il cono artigianal­e del carrettino del Giovanni, in piazza.

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