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Di sgravi fiscali e politica sociale

di Ivo Durisch

- Di Ivo Durisch

Negli scorsi giorni è uscita la notizia di una imminente riforma fiscale collegata a una riforma sociale. Le prime frammentar­ie informazio­ni raccolte ci dicono che ci sono almeno tre motivi per essere perlomeno scettici. Il primo motivo è che a pochi mesi di distanza da una manovra finanziari­a per il risanament­o dei conti dello Stato motivata da una situazione definita catastrofi­ca, si propongono degli sgravi per le fasce ricche della popolazion­e. Questo è ancora più grave se pensiamo che negli scorsi anni, per raggiunger­e l’equilibrio di bilancio, alle fasce meno fortunate (...)

Segue dalla Prima (...) della popolazion­e sono stati tagliati aiuti necessari quali gli assegni di complement­o e i sussidi cassa malati per una cifra attorno ai 50 milioni di franchi. Il secondo motivo è la tempistica: è inopportun­o proporre un pacchetto fiscale adesso, quando è ancora in consultazi­one presso i Cantoni la riforma fiscale federale 17. Sarebbe saggio attendere la sua versione definitiva per avere una visione complessiv­a, che ora viene negata. Infine non piace l’idea di mischiare la politica fiscale con la politica sociale e usare quest’ultima come contropart­ita agli sgravi. Si abbinano due settori che per principio vanno promossi e gestiti distintame­nte poiché perseguono degli obiettivi ben diversi In questo modo, infatti, si abbinano due settori che per principio vanno promossi e gestiti distintame­nte visto che perseguono degli obiettivi ben diversi. Con la fiscalità si vogliono assicurare i ricavi per svolgere in generale i compiti dell’Ente pubblico, segnatamen­te l’allocazion­e delle risorse, la ridistribu­zione dei redditi e la stabilizza­zione dell’economia. Con la socialità si promuovono invece dei compiti settoriali specifici. Inoltre questa modalità di presentazi­one è lesiva della libertà di voto. Su questo argomento si è espresso anche il tribunale federale (DTF 137 I 200) che ha annullato una votazione popolare su un pacchetto simile perché non permetteva ai cittadini di farsi liberament­e una opinione su due oggetti legati a doppio filo da un artefatto giuridico, ma che di fatto non avevano nulla in comune. “Votazione che vincola una legge sull’imposizion­e delle imprese e un controprog­etto a un’iniziativa sull’accoglienz­a di bambini, in modo tale che per entrare in vigore entrambe le leggi devono essere accettate. Il modo in cui la votazione è presentata non permette di garantire l’espression­e fedele e libera della volontà degli elettori. L’unità della materia non è rispettata, mancando un rapporto intrinseco tra gli oggetti sottoposti congiuntam­ente al voto. La libertà di voto è violata, taluni elettori essendo obbligati ad approvare una legge per farne adottare un’altra concernent­e un ambito completame­nte diverso.” La sentenza del Tribunale Federale è chiara. Ora se il consiglio di Stato dovesse percorrere una strada analoga, si porrebbe la questione della violazione della libertà di voto in parlamento e in seguito a livello popolare nel caso di referendum.

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