Baghdad contro il voto curdo per l’indipendenza
Baghdad – Cresce la tensione in Iraq, in vista del referendum per l’indipendenza curda del 25 settembre. Il Parlamento di Baghdad ha votato ieri la rimozione del governatore della provincia di Kirkuk, ricca di petrolio e occupata dalle milizie Peshmerga ma non facente parte del Kurdistan autonomo, che nei giorni scorsi aveva deciso di partecipare comunque alla consultazione. Il referendum acuisce la conflittualità nell’area dove la guerra contro l’Isis, – nella quale le milizie curde hanno avuto una parte determinante per battere il Califfato – è tutt’altro che terminata. Ancora ieri, un duplice attacco terrorista nel sud sciita dell’Iraq ha provocato una sessantina di morti e decine di feriti. È stato il primo ministro Haidar al Abadi a chiedere al Parlamento di Baghdad di rimuovere dalla carica il governatore di Kirkuk, Najmaldin Karim, membro dell’Unione patriottica del Kurdistan (Upk) e sostenitore della necessità di tenere anche in questa provincia contesa e popolata da curdi, arabi e turcomanni, il referendum per l’indipendenza. Pronta la risposta di Karim: «Non è stato il Parlamento iracheno a darmi la fiducia come governatore – ha detto – e quindi non me la può togliere. Ad eleggermi è stato il Consiglio provinciale e quindi continuerò a servire il popolo fino alle prossime elezioni, o fino a quando mi vorranno». Recentemente il Consiglio provinciale aveva deciso di tenere il referendum anche in questa regione, occupata dai Peshmerga curdi nel 2014 quando rimasero a contrastare l’avanzata da nord dei jihadisti dell’Isis dopo che l’esercito federale si era dato alla fuga. Le tensioni sono andate aumentando nelle ultime settimane anche in altre province, in particolare quella orientale di Diyala, dove in alcune località a maggioranza curda le autorità hanno deciso di tenere il referendum. L’Onu e quasi tutta la comunità internazionale si sono dichiarati contrari alla consultazione, almeno fino a quando l’Isis non sarà stato eliminato dal territorio nazionale. E i Peshmerga “non serviranno” più...