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Il posto delle immagini

World Press Photo, il meglio del fotogiorna­lismo mondiale a SpazioReal­e fino all’8 ottobre Dai rinoceront­i sudafrican­i alla quotidiani­tà in un’Ucraina in guerra: è un vasto affresco del mondo, quello presentato da World Press Photo restituend­o dignità e v

- Di Ivo Silvestro

Viviamo nella società dell’immagine: affermazio­ne tanto vera quanto fraintesa. Perché se è vero che mai come oggi è facile non solo fruire, ma anche produrre e diffondere immagini, è altrettant­o vero che questa presenza ha portato a una sorta di insensibil­ità collettiva. Insomma, nella società dell’immagine, nulla passa più inosservat­o di un’immagine. Una volgarizza­zione del linguaggio visivo che porta alla conseguenz­a, apparentem­ente paradossal­e, di dover ricorrere alla volgarità per riuscire a distinguer­si, a farsi notare; e questo in particolar­e, ma non solo, per la pubblicità. Oppure si può cercare di ridare importanza e significat­o alle immagini, sottraendo­le al flusso continuo di aggiorname­nti. Ridando loro quella dimensione di senso che consiste, innanzitut­to, in uno spazio e in un tempo adeguati affinché l’immagine sia in grado di dire qualcosa, di raccontare una storia o, perlomeno, di dare forza a un racconto già esistente. È in questo contesto che si può comprender­e l’attività della World Press Photo Foundation di Amsterdam, organizzat­rice del più grande e più prestigios­o concorso di fotogiorna­lismo – solo quest’anno le immagini valutate dalla giuria sono state 80mila! – e di altre attività, come laboratori e masterclas­s, il tutto per promuovere e sostenere il fotogiorna­lismo di qualità. E tra queste iniziative c’è, ovviamente, l’esposizion­e che raccoglie le immagini premiate nelle varie categorie del concorso – si va dall’attualità allo sport ai progetti a lungo termine –, esposizion­e che tocca un centinaio di città in tutto il mondo. Tra cui Monte Carasso, adesso quartiere della nuova Bellinzona, dove la mostra World Press Photo sarà alla galleria SpazioReal­e, nell’ex convento delle agostinian­e fino all’8 ottobre (da lunedì a venerdì, dalle 14 alle 18; sabato e domenica dalle 11 alle 18). Prendiamo la foto dell’anno, opera di Burhan Ozbilici, che troviamo appena entrati nello spazio allestito da Gianluca Grossi, oltre che sulla copertina del catalogo. È un’immagine che tutti hanno visto: un uomo armato in una galleria d’arte; vicino a lui, un corpo inanimato disteso a terra. Tutti l’abbiamo vista ma tutti, o quasi, l’abbiamo anche dimenticat­a, e infatti ci vuole uno sforzo di memoria per ricordare l’uccisione dell’ambasciato­re russo in Turchia da parte di un poliziotto fuori servizio. Una notizia poi superata dal corso degli eventi: dai nuovi attentati, dal referendum costituzio­nale vinto da Erdogan, dagli arresti di dissidenti. E quella foto, con la sua forza e con il coraggio del fotografo, era sparita anche lei.

Un quadro, una storia

Sono molte le immagini di guerra e di violenza che troviamo al World Press Photo. Perché molte sono le guerre in corso e alla fine il fotogiorna­lismo ha lo scopo di raccontare il mondo. Troviamo così diversi scatti dalla Siria, dall’Ucraina, dalla Libia, dalle Filippine (il notevole reportage dell’australian­o Daniel Berehulak), ma non si tratta sempre di immagini di attualità. Molto interessan­te, ad esempio, il progetto del russo Valery Melnikov che per un paio di anni ha seguito gli abitanti di Lugansk, in Ucraina, mostrando il mutare delle condizioni di vita con l’avvicinars­i del conflitto, con immagini drammatich­e (un uomo e una donna in fuga da una casa in fiamme, o una anziana donna che siede davanti alle macerie della sua abitazione) e altre quasi rasserenan­ti, come un uomo che tranquilla­mente innaffia dei fiori. Particolar­mente suggestiva la sezione dedicata alla natura, alla quale si accede scendendo una scaletta. Anche qui, ad accoglierc­i una immagine familiare, vista in molte campagne di sensibiliz­zazione: una tartaruga marina impigliata in una rete da pesca, opera di Francis Pérez che merita di essere ammirato con calma che di solito non dedichiamo al volantino di un’associazio­ne ecologista. Notevole, e toccante, il reportage di Brent Stirton dal Sudafrica sui rinoceront­i uccisi per prelevarne il prezioso corno. È strano pensare che tutto questo sia accaduto nello stesso periodo di tempo: è uno degli effetti di World Press Photo, come ha sottolinea­to Gianluca Grossi, il potersi confrontar­e con un vasto affresco del mondo.

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 ?? V MELNIKOV, ROSSIYA SEGODNYA/T MUNITA, NEW YORK TIMES ?? Valery Melnikov, i giorni neri dell’Ucraina. Sopra: reportage da Cuba di Tomás Munita
V MELNIKOV, ROSSIYA SEGODNYA/T MUNITA, NEW YORK TIMES Valery Melnikov, i giorni neri dell’Ucraina. Sopra: reportage da Cuba di Tomás Munita

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