Stop, Rec & Play
Prima dell’avvento del videoregistratore non c’era altro modo per guardare un film in tv se non sedendovisi davanti (alla tv). Un trionfo, la videocassetta per gli appassionati del rock, che potevano finalmente scambiarsi i concerti trasmessi dalle tv di tutto il mondo. Meglio, comunque, non essere il destinatario dell’ultima copia. Perché Tizio copiava un concerto a Caio, e Caio a Sempronio e così via (servirebbero molti nomi latini in più dei soliti tre). Risultato finale del copiare ad libitum: quel Jimi Hendrix sgranatissimo che suonava “Purple Haze” a Woodstock poteva non essere più Jimi Hendrix, ma l’ectoplasma di Jimi Hendrix, riconoscibile soltanto dal sonoro. La videocassetta, va detto, è stata rivoluzionaria anche nel campo dei filmetti poco seri, quelli che oggi basta un click, e in passato invece serviva del coraggio: entrare in videoteca, superare la tendina, tornare alla cassa con il numerino, ritirare l’opera e lasciare il negozio con disinvoltura, come se nel sacchetto vi fosse “Il favoloso mondo di Amélie” e non “Rocco invade la Polonia”. Non meno coraggiosa era la restituzione, per quello sguardo tra noleggiatore e noleggiante non sempre complice, capace di riaprire in qualsiasi momento l’annosa questione dei sensi di colpa. Oggi le videocassette sono un problema quando traslochi. Tua moglie, giustamente, ti maledice: i tuoi nastri, in effetti, pesano mezzo chilo l’uno, raccolgono polvere e messi in salotto lo fanno sembrare quello di una coppia di anziani. Eppure, la meccanica, il sibilo dell’avanti e dell’indietro, l’imperfezione dell’immagine che fa tanto archivio storico fanno sì che ti prenda la nostalgia e le tue videocassette tornino sulla libreria, con il dorso compilato, il titolo bello chiaro: “The Police, live at Rockpalast, 1980”, “Billy Joel live at The Carnegie Hall, 1977”. Sai già che i nipoti ti diranno “ma zio, c’è tutto su YouTube!”, che tua moglie ti chiederà “perché?”, che gli amici ti diranno: “Io ho digitalizzato tutto”. E tu, disperatamente tronfio, risponderai: “Voi non potete capire, davvero…”.