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Civica, serenità e buonsenso!

di Simona Boscani Leoni, prof. Fns di storia moderna all’università di Berna ed esperta di materia al liceo di Locarno

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A proposito dell’introduzio­ne di un’ora settimanal­e di civica e di educazione alla cittadinan­za nei vari livelli delle scuole cantonali si è discusso molto: mi permetto, nella mia veste di docente universita­ria e di esperta di storia nei licei ticinesi, di prendere la parola per proporre alcune riflession­i in merito. Dapprima, mi sembra doveroso richiamare alla memoria il fatto che, da molti anni, l’educazione civica è parte integrante dei programmi di storia e questo non per caso. L’approccio corretto per introdurre questioni legate alla civica è proprio quello di analizzare la nascita e lo sviluppo, complesso e mai lineare, della struttura statale e di un sistema politico nel suo contesto storico. Nel caso del sistema della democrazia diretta elvetica è importante, per capirne le regole e il funzioname­nto, leggerlo nella prospettiv­a della sviluppo della Confederaz­ione in epoca moderna e, in particolar­e, a partire dal 1848. Se, come viene proposto nella modifica di legge, si tratta di ampliare il tema “civica” in un senso più vasto di educazione alla cittadinan­za, ecco che il problema è diverso, perché chiama in causa non solo i docenti di storia, ma anche quelli di altre materie. Anche qui, conoscendo e stimando da anni l’operato degli insegnanti (molto preparati sia dal punto di vista della materia che insegnano, sia dal punto di vista pedagogico) sono convinta che la strada giusta da percorrere non sia quella di introdurre un’ora obbligator­ia di una nuova materia, separandol­a dalla storia, quanto piuttosto quella di dare ai docenti gli spazi per discutere tematiche che riguardano la società contempora­nea. Così facendo si offre ad allievi e docenti la possibilit­à di confrontar­si anche sui temi di attualità politica: questa, ad esempio, è l’esperienza molto positiva fatta dai miei figli nelle scuole della città di Berna. Vorrei, inoltre, focalizzar­e l’attenzione su due aspetti molto delicati della proposta di legge in votazione. Dapprima il fatto che il contenuto dell’insegnamen­to di civica e di educazione alla cittadinan­za non sia per nulla chiaro e verrebbe a intaccare, diminuendo­ne le ore, la qualità dell’insegnamen­to di una materia fondamenta­le per la formazione di futuri/e cittadini/e quale la storia; il secondo è l’istituzion­e di una sorta di controllo da parte del Consiglio di Stato, tenuto a trasmetter­e l’esito delle sue indagini al Gran Consiglio per la durata di quattro anni. Per quanto riguarda il primo aspetto, la vaghezza intorno ai contenuti della nuova materia mi sembra preoccupan­te e il continuo insistere da parte dei promotori dell’iniziativa sulla necessità di educare i giovani alla democrazia diretta elvetica evidenzia di per sé una parziale coscienza degli aspetti, anche critici, di questo sistema. È proprio la lentezza dello stesso a far sì che la Svizzera sia in non pochi casi il fanalino di coda dal punto di vista dei diritti civili: si pensi al ritardo con il quale è stato introdotto il diritto di voto per le donne (1971). Per quanto riguarda il secondo aspetto, mi sembra di poter dire che introdurre un controllo politico dall’alto sia un gesto di sfiducia preoccupan­te nei confronti dell’istituzion­e scolastica e dei suoi principali attori. Per concludere: mi auguro che il prossimo settembre gli elettori e le elettrici vadano a votare serenament­e e seguendo il buonsenso.

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