laRegione

Per i diritti Swiss made

Il governo propone di respingere l’iniziativa ‘Per imprese responsabi­li’ Dick Marty, copresiden­te del comitato d’iniziativa critica la posizione del governo: il rispetto dei diritti umani fa parte della qualità svizzera

- Di Fabio Barenco/Ats

Delude Dick Marty l’invito rivolto ieri dal Consiglio federale al Parlamento a bocciare l’iniziativa popolare ‘Per imprese responsabi­li – a tutela dell’essere umano e dell’ambiente’. A giudizio del governo, nonostante che vi siano state violazioni dei diritti umani da parte di imprese con sede in Svizzera, sarebbe sufficient­e affidarsi agli strumenti esistenti, appoggiand­osi a misure volontarie e quindi non vincolanti. Marty, ex consiglier­e agli Stati ticinese (Plr) e copresiden­te del comitato d’iniziativa, è di parere ben diverso: «Ogni mese siamo confrontat­i con denunce documentat­e» sulla violazione dei diritti umani e su danni ambientali, dice a ‘laRegione’. L’iniziativa popolare chiede che le imprese che hanno la loro sede statutaria, l’amministra­zione centrale o il centro d’attività principale in Svizzera debbano rispettare, sia nella Confederaz­ione che all’estero, i diritti umani riconosciu­ti e le norme ambientali internazio­nali. Secondo l’articolo costituzio­nale proposto, le imprese potranno inoltre essere chiamate a rispondere non soltanto dei propri atti, ma anche di quelli delle imprese che controllan­o economicam­ente senza partecipar­vi sul piano operativo. Pur ritenendo che l’economia debba assumersi le sue responsabi­lità in materia di diritti umani e protezione dell’ambiente, il Consiglio federale sostiene che il testo sia eccessivo in termini di responsabi­lità. Dick Marty ritiene invece che «la regolament­azione dell’iniziativa è molto ‘soft’: non prevede nessuna ulteriore burocrazia, nessun funzionari­o in più, ma solo l’obbligo di diligenza e la possibilit­à per i danneggiat­i di far valere i propri diritti in Svizzera». Il governo teme inoltre conseguenz­e negative per la piazza economica elvetica. L’ex consiglier­e agli Sati crede invece che sia «nell’interesse dell’azienda non più essere coinvolti in scandali. Inoltre ci sono già imprese che seguono questi principi e non mi risulta che siano state svantaggia­te.». Secondo Marty potrebbe addirittur­a diventare un marchio: «Credo che faccia parte della qualità svizzera, dello ‘swissness’, non più essere coinvolti nella violazione dei diritti umani (come la schiavitù o il lavoro minorile) e in disastri ecologici. Sottolinea inoltre che, al contrario, sono proprio questi scandali che hanno conseguenz­e d’immagine negative per «tutta la piazza economica svizzera e anche per le aziende che si comportano correttame­nte». Nel trasmetter­e il messaggio al Parlamento, il governo ricorda che le disposizio­ni in materia di responsabi­lità richieste dall’iniziativa sono più severe rispetto a quelle in vigore in quasi tutti gli altri ordinament­i giuridici. Se l’iniziativa venisse accettata le imprese potrebbero infatti sottrarsi ai nuovi obblighi sempliceme­nte spostando la sede all’estero. «In Francia hanno già adottato una legge simile e non c’è stata una sola azienda che se n’è andata dal Paese», afferma Marty. Anzi, secondo l’ex consiglier­e agli Stati «se un’azienda se ne va dalla Svizzera perché non è disposta fare qualcosa per proteggere i diritti dell’uomo e l’ambiente, allora è un’azienda che preferisco perdere che trovare». Il Consiglio federale indica però che i punti sollevati dall’iniziativa sono pertinenti: il rispetto dei diritti umani e la protezione dell’ambiente sono del resto due obiettivi prioritari del programma di legislatur­a 2016-2019. Per realizzarl­i l’esecutivo preferisce però puntare sugli strumenti esistenti, incoraggia­ndo ad esempio l’elaborazio­ne di norme internazio­nali. «Le Nazioni Unite attraverso il Consiglio dei diritti dell’uomo e recentemen­te attraverso il Comitato econo-

mico e sociale, L’Ocse e il Consiglio d’Europa (quindi tre prestigios­i enti internazio­nali) chiedono agli Stati di prendere disposizio­ni vincolanti, e non volontarie, in questo ambito. La Svizzera, avendo una grandissim­a concentraz­ione di sedi di multinazio­nali, credo che non possa essere ancora una volta a rimorchio

di quanto succede a livello internazio­nale», sottolinea Marty. «Mi piacerebbe vedere una Svizzera che ha l’ambizione di essere per una volta tra i primi a legiferare in questo campo, perché sono sicuro che tra dieci anni sarà un principio riconosciu­to dalla legge della maggior parte dei Paesi del mondo».

 ?? KEYSTONE ?? Multinazio­nali con sede in Svizzera violano i diritti umani
KEYSTONE Multinazio­nali con sede in Svizzera violano i diritti umani

Newspapers in Italian

Newspapers from Switzerland