Le verità di Daumier
Fino al 7 gennaio a Villa dei Cedri a Bellinzona la mostra dedicata al grande artista francese
Ironia, amarezza, satira sociale e politica, uno sguardo feroce e incantato sulla realtà in trasformazione del suo tempo: Daumier non smette di parlarci, trovando l’eterno nel quotidiano
Un illustratore e caricaturista, soprattutto (grande) artista, non può che risultare attuale. Le debolezze, gli slanci, le bassezze, lo stupore e le ingiustizie da lui osservate nel genere umano, tendono alla prova della Storia a rivelarsi universali ed eterne. La “commedia umana”, come quella raccontata per immagini da Honoré Daumier, è una commedia che si ripete senza sosta, anche se in scenari e con protagonisti nuovi. Il titolo scelto per la mostra che oggi apre al Museo Villa dei Cedri, ‘Daumier: attualità e varietà’, è quindi di certo calzante, anche se tutto sommato pressoché inevitabile. Daumier non può che essere attuale; quanto alla “varietà”, si può anche discutere. L’esposizione è curata da Matteo Bianchi (che ha ampiamente attinto dalla sua personale collezione) in collaborazione con la direttrice del museo, Carole Haensler Huguet, e con Michel Melot, fra i massimi esperti di Daumier e già direttore del Dipartimento delle stampe e della fotografia della Biblioteca nazionale di Parigi. Da scoprire per il pubblico ci sono circa 180 opere dell’artista francese (in particolare litografie, ma anche silografie, disegni e sculture), attraverso le quali egli ha composto negli anni il suo “ritratto poetico della modernità”, come notano i curatori. Con questa mostra il museo bellinzonese vuole rivitalizzare il respiro europeo della sua offerta, sforzandosi però di calarla nella propria realtà (dal Ticino per altro proviene una buona parte dei pezzi esposti). Fino a gennaio verranno infatti organizzate delle “Camminostorie” con cui andare alla riscoperta dei temi di Daumier, le cui tracce sono disseminate nel tessuto urbano della città, anch’essa sottoposta a partire da metà Ottocento alle trasformazioni sociali e urbanistiche imposte dall’avvento della società moderna, le stesse osservate con ironia o malinconia dall’artista nelle sue “istantanee”. Nato nel 1808 e morto nel 1879, Daumier ha attraversato un’epoca quanto mai fertile artisticamente e instabile politicamente, dagli anni del romanticismo agli albori dell’impressionismo, legan- dosi soprattutto alla stagione realista. Come scrive nel catalogo della mostra Carole Haensler Huguet, «il realismo di un Courbet o di un Manet mette in luce l’esigenza di una pittura nuova, una pittura moderna che possa evocare la società che nasce e s’impone nel XIX secolo...». Daumier persegue un obiettivo analogo con la sua magistrale arte a stampa quotidiana, in forma di satira sociale o politica, impietosa o incantata, divincolandosi fra le maglie sempre più strette della censura. Nella sue “vignette” Daumier infierisce sulla violenza e l’incultura della politica, registra malinconicamente un mutamento in corso che cancella il passato e crea nuovi poveri, oppure si diverte ad osservare il mutamento dei costumi e delle abitudini della nascente borghesia cittadina (che percorre chilometri per raggiungere il mare ed annoiarsi, che frequenta teatri e musei con intenti e risultati tragicomici oppure punta uno sguardo atterrito verso il cielo in attesa di una cometa, dove le donne scoprono la lettura dei romanzi mentre gli uomini attendono invano che i calzoni vengano rammendati). Come osserva Matteo Bianchi, «la poesia sociale del suo infinito racconto grafico suscita ammirazione per la capacità di coniugare l’argomento alla modalità del discorso e di armonizzare la diversità dello spirito delle cose». Daumier osserva una nuova classe media, nascente in quegli anni, forse in via di sparizione oggi: «La sua mano sapiente, insieme critica e bonaria, ne tratteggia le piccole imprese quotidiane, sempre rispettosa e mai volgare». Daumier, in pa rticolare negli ultimi anni, ironizza pure amaramente sul destino di un’Europa lacerata. Michel Melot indica in questo suo sguardo tutta la sua attualità, «perché vi si ritrovano gli stessi sforzi, le stesse prove, gli stessi entusiasmi ma anche le stesse delusioni che conosce in questo periodo storico la costruzione dell’Europa». Su tutto, però, c’è il suo tratto, incisivo, evocativo, pieno di forza e d’incanto, proposto qui tematicamente nella sua evoluzione nel tempo. In definitiva, dunque, trattandosi di Daumier, del suo mix pionieristico di arte e linguaggio giornalistico, la mostra merita di certo una visita. L’operazione può però lasciare qualche piccola perplessità per il suo sguardo d’insieme e il valore di alcune singole scelte.