laRegione

Due cenette di troppo

- Di Matteo Caratti

Durante il fine settimana siamo rimasti letteralme­nte di stucco: abbiamo sentito un presidente di partito, politico e parlamenta­re navigato, ammettere che una fattura di 150 franchi per due cene (da lui consumate con la compagna che si occupa per il Cantone di rifugiati) è stata effettivam­ente pagata da una ditta privata, che si occupa pure lei di rifugiati. Si ricorderà, per inciso, che quella ditta (Argo 1) ha beneficiat­o qualche tempo prima di un mandato diretto da parte del Cantone, mandato poi proseguito (in violazione delle leggi) senza pubblico concorso per diversi anni. Ebbene, a lasciarci allibiti è il fatto che il politico, con la cena offerta in quel di Bormio, non si accorga che la questione è grave. E a più livelli. Gli rinfreschi­amo quindi la memoria. Esiste, a nostro modesto parere, innanzitut­to un problema politico, perché quel tale che ha beneficiat­o, al secolo Dadò Fiorenzo, è un deputato (e al momento della cena era pure capogruppo in parlamento) e quindi politico di spicco, che rappresent­a uno dei poteri dello Stato, quello legislativ­o, chiamato, se del caso, anche a indagare su simili fattispeci­e. Un ‘problema’ doppiament­e politico, visto che a dare a suo tempo il mandato diretto ad Argo 1 è stato il consiglier­e di Stato del medesimo partito, finito nelle sabbie mobili della polemica per non aver avvertito i colleghi di governo del mandato diretto milionario, quando questo si è tranquilla­mente protratto per anni. C’è poi, sempre a nostro modesto parere, un problema amministra­tivo, perché speriamo che in questo Paese i cittadini osino ancora indignarsi se ai funzionari vengono riservati soggiorni e offerte cene. I funzionari sono chiamati a fare l’interesse generale, a spendere nel miglior modo possibile i denari che noi affidiamo loro pagando le tasse, non ad accettare regalie da parte di persone che hanno interesse a farle. Ad Argo 1 non verrebbe mai in mente di offrire nemmeno un caffè al comune cittadino che in questo momento sta leggendo questo commento, mentre alla funzionari­a che si occupa di rifugiati e al di lei compagno, il signor Dadò (capogruppo Ppd della stessa squadra di Beltramime­lli), sì. Non c’è bisogno di spiegarne il perché: i lettori e gli elettori tanto tonti non sono. Lo hanno già capito benissimo ancor prima di aver visto/sentito l’arrampicat­a sui vetri di Dadò e del suo vice (debolissim­o) Marco Passalia che ci rideva quasi su declassand­o il caso. Ma per favore… lasciate stare i campanili da rimettere al centro del villaggio. Al centro del villaggio ci sta un sacrosanto principio: queste triangolaz­ioni da ‘agenzia viaggi’ con cenette non devono esistere. Punto. Poi ci si chiede come mai la politica abbia perso credibilit­à e come mai certa politica (leghista in particolar­e) abbia gioco facile nel tiro al piccione. Perché si trova servite su di un piatto d’argento simili arrampicat­e. Se Dadò deciderà di rimanere al suo posto, dovrà mettere in conto che questa vicenda lo ha trasformat­o in un’anatra zoppa. D’ora innanzi impossibil­e per lui fare una polemica. Ogni volta gli sarà ricordato il caso della cena offerta (lo ripetiamo) da uno che aveva comunque interesse a ingraziars­i una certa cordata politica/amministra­tiva. Glielo potrà abbastanza agilmente ricordare persino quel Caverzasio che ha appena lasciato il Cda dell’Eoc, mantenendo stretta la carica di capogruppo, per evitare che lo chiamasser­o a chiarire maggiormen­te la sua posizione. Il che è tutto dire. Concludend­o: il problema lo ripetiamo è di credibilit­à delle istituzion­i. Quindi parlamento e governo dicano finalmente ai cittadini se un simile andazzo è tollerabil­e nell’amministra­zione. Basta cincischia­re! E la procura spieghi perché per la funzionari­a non c’è un reato penale.

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