Esercito con estremisti
Di destra o jihadisti: solo per caso si sarebbe impedita la loro formazione all’uso di armi Da alcune e-mail raccolte dal ‘SonntagsBlick’ emergerebbe come le forze armate svizzere siano ‘impotenti’ contro la radicalizzazione
Il problema dell’estremismo violento nell’esercito svizzero sembrerebbe più serio di quanto le autorità abbiano indicato. Servendosi delle possibilità offerte dalla Legge sulla trasparenza, il ‘SonntagsBlick’ ha consultato e-mail interne alle forze armate che rivelano le difficoltà incontrate nell’impedire l’utilizzazione delle armi di servizio a persone vicine ad ambienti jihadisti e di estrema destra. Alla fine di aprile il Dipartimento federale della difesa, della protezione della popolazione e dello sport (Ddps) aveva pubblicato un rapporto in materia per il 2016. Stando al documento, delle cinquanta segnalazioni e richieste di informazioni pervenute lo scorso anno al Servizio specializzato per l’estremismo in seno all’esercito, 21 (52%) riguardavano presunti indizi di estremismo di destra e 15 (37%) di quello jihadista. Si è trattato principalmente di indicazioni riguardo a una possibile radicalizzazione: né atti di violenza, né incidenti che possano mettere in pericolo la sicurezza erano stati rilevati, aveva riferito il Ddps. L’indagine del ‘SonntagsBlick’ fornisce un’immagine meno rassicurante della situazione. Contattato dal domenicale, l’esercito non commenta. Il giornale ha consultato lo scambio di posta elettronica tra il Servizio contro l’estremismo e lo Stato maggiore di condotta dell’esercito. Malgrado il fatto che numerosi passaggi siano stati deliberatamente oscurati, il giornale sostiene che in vari episodi solo per caso le autorità sono riuscite a impedire che estremisti di destra e jihadisti fossero formati all’uso delle armi. Sempre secondo il domenicale, molti dei 50 casi riguardano persone penalmente condannate per atti di violenza. Si tratta in particolare di estremisti di destra ma anche di tifosi violenti.
Islamista ammesso alla scuola reclute
Per il ‘SonntagsBlick’, il caso più critico riguarda un combattente islamista ammesso alla scuola reclute. Solo poco prima dell’inizio del servizio militare, una non meglio precisata cellula cantonale ha riferito all’esercito che l’uomo era partito all’estero, presumibilmente in Siria, per combattere nelle file del sedicente Stato Islamico (Isis). Solo allora le autorità militari hanno reagito. In una e-mail si legge che “tenuto conto della situazione bisogna evitare che l’uomo – nel caso in cui dovesse rientrare in Svizzera – sia formato all’uso delle armi”. L’esercito ha quindi sospeso l’ordine di marcia.
A contatto con le armi