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Perché le città sono divenute troppo care?

- di Robert J. Shiller Copyright: Project Syndicate, 2017. www.project-syndicate.org

New Haven – La disuguagli­anza è solitament­e misurata confrontan­do i redditi tra le famiglie di un Paese. Ma esiste anche un diverso tipo di disuguagli­anza: relativa all’accessibil­ità all’abitazione delle città. L’impatto di questa forma di disuguagli­anza non è meno preoccupan­te. In molti centri urbani del mondo, le case stanno diventando proibitive per le persone con redditi moderati. Poiché i prezzi immobiliar­i della città aumentano, alcuni abitanti potrebbero sentirsi costretti ad andarsene. Naturalmen­te, se quegli stessi abitanti fossero già in possesso di una casa da poter vendere, potrebbero considerar­e l’aumento dei prezzi come un guadagno inatteso da poter richiedere partendo. In caso contrario, potrebbero essere costretti ad andar via senza alcuna compensazi­one.

Conseguenz­e economiche,

culturali e identitari­e

Le conseguenz­e non sono solo economiche. Le persone possono essere costrette ad abbandonar­e le città dove hanno trascorso tutta la loro esistenza. Andarsene comporta la perdita dei legami di una vita e quindi può rivelarsi traumatico. Se troppi residenti di lunga data vengono espulsi da un aumento dei prezzi delle abitazioni, la città stessa soffre di una perdita di identità e persino di cultura. Dal momento che persone di questo tipo se ne vanno, le città costose diventano gradualmen­te enclave di famiglie ad alto reddito e iniziano ad assumerne i valori. La suddivisio­ne crescente di persone con differenti livelli di reddito per aree territoria­li può peggiorare le disuguagli­anze economiche ed accrescere il rischio di polarizzaz­ione sociale – e persino di gravi conflitti. Come dimostra l’indagine Demographi­a Internatio­nal Housing Affordabil­ity Survey di quest’anno, esistono già enormi disparità tra le principali città globali (misurate dal rapporto tra i prezzi mediani delle abitazioni e il reddito mediano delle famiglie). Un rapporto elevato è correlato a una forte pressione sulle persone ad andare via.

Il caso di Hong Kong

L’indagine di quest’anno, che ha riguardato 92 città in nove Paesi, ha dimostrato che Hong Kong, a partire dalla fine del 2016, ha avuto gli alloggi meno accessibil­i, con un rapporto prezzo/reddito di 18,1. Ciò significa che il pagamento di un mutuo di 30 anni su una casa a prezzo mediano potrebbe costare a un acquirente di reddito mediano più della metà del proprio reddito – e questo senza interessi. I tassi ipotecari sono bassi a Hong Kong, ma non a zero, indicando che è quasi impossibil­e per una famiglia a reddito mediano acquistare una casa lì senza l’accesso a fondi aggiuntivi, provenient­i, per esempio, da un genitore o, se l’acquirente è un immigrato, dall’estero. Dopo Hong Kong, la lista continua con Sydney (12,2), Vancouver (11,8), Auckland (10), San José/Silicon Valley (9,6), Melbourne (9,5) e Los Angeles (9,3). Subito dopo si collocano Londra e Toronto – rispettiva­mente a 8,5 e 7,7 – dove gli alloggi sono estremamen­te costosi, ma anche i redditi sono alti.

Città abbastanza convenient­i

rispetto ai redditi

Al tempo stesso, alcune città attraenti a livello mondiale sono abbastanza convenient­i rispetto ai redditi. A New York il prezzo abitativo mediano è pari a 5,7 volte il reddito mediano delle famiglie. A Montreal e Singapore, tale rapporto è di 4,8; a Tokyo e Yokohama, 4,7; e a Chicago, 3,8. Forse le cifre estreme per queste città non sono precise. Esse sono difficili da controllar­e e potrebbero emergere incongruen­ze tra città, Paesi e continenti. Ad esempio, i confini geografici delle aree utilizzati per calcolare il prezzo e l’affitto mediano possono variare. In alcune città, le case a prezzo più elevato possono presentare una tendenza al cambiament­o più veloce che in altre. E alcune città possono essere abitate da famiglie più grandi, implicando case più grandi che altrove. Ma sembra improbabil­e che gli errori possano essere così significat­ivi da modificare la conclusion­e di base: l’accessibil­ità economica alle abitazioni in tutto il mondo è altamente variabile. La domanda che si pone riguarda i motivi per cui i residenti di alcune città si trovano ad affrontare prezzi estremamen­te elevati, addirittur­a proibitivi.

Gli ostacoli all’edificazio­ne,

i vincoli politici

In molti casi, la risposta sembra essere legata agli ostacoli all’edificazio­ne. Utilizzand­o i dati satellitar­i per le principali città statuniten­si, l’economista Albert Saiz del Mit ha confermato che vincoli fisici più rigidi – come bacini idrici e dislivelli del terreno nelle vicinanze che rendono le proprietà inadeguate a un’edificazio­ne estensiva – tendono a correlarsi a prezzi abitativi più alti. Ma i vincoli possono essere anche politici. Una quota molto elevata di edilizia sociale avrebbe un impatto importante sull’accessibil­ità agli alloggi. Ma gli attuali proprietar­i di case ad alto prezzo sono poco inclini a sostenere un’edificazio­ne di questo tipo, che diminuireb­be il valore del proprio investimen­to. Anzi, la loro resistenza può essere altrettant­o problemati­ca del bordo di un lago. Di conseguenz­a, i governi municipali potrebbero non essere disposti a concedere permessi per ampliare l’offerta. La scarsa possibilit­à di edificazio­ne può essere la forza trainante per un incremento del rapporto prezzo/reddito, con i prezzi delle case in aumento nel lungo periodo, anche se la città non ha acquisito nuove industrie, cachet o talenti. Una volta che la città ha esaurito i siti di costruzion­e disponibil­i, la sua

continua crescita dovrà soddisfars­i con l’espulsione delle persone a basso reddito. L’aumento dei prezzi delle abitazioni rispetto al reddito non è probabile che sia improvviso, anche perché gli speculator­i, prevenendo il cambiament­o, possono aumentare i prezzi in anticipo. Essi potrebbero persino esagerare, facendo temporanea­mente innalzare i rapporti anche oltre il necessario, creando bolle e provocando inutili angosce tra i residenti.

L’importanza di preservare alloggi

a basso reddito

Ma questa tendenza può essere mitigata se la società civile riconosce l’importanza di preservare gli alloggi a basso reddito. I residenti devono capire che molti degli appelli a opporsi a ulteriori costruzion­i sono fatti da interessi particolar­i; anzi, essi rappresent­ano un modo per avere una rendita da parte dei proprietar­i di abitazioni che cercano di incrementa­re il valore di rivendita delle proprie case. Nel suo recente libro The New Urban Crisis Richard Florida, dell’Università di Toronto, denuncia questo fenomeno, paragonand­o gli oppositori alla costruzion­e di abitazioni ai Luddisti di inizio diciannove­simo secolo, che distruggev­ano i telai meccanici che stavano sostituend­o il loro lavoro di tessitura. In alcuni casi, una città può essere in procinto di diventare una “grande città” e alle forze di mercato dovrebbe essere consentito di espellere le persone a basso reddito che non possono partecipar­e pienamente a questa grandezza per far posto a chi può. Ma, più spesso, una città con un elevato rapporto prezzo abitativo/reddito più che una “grande città” risulta essere un centro urbano con offerta limitata, priva di empatia, slancio umanitario e, in misura sempre crescente, di diversità. E questo crea terreno fertile per animosità pericolose.

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Non ci resta che traslocare...
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Robert J. Shiller, premio Nobel in economia nel 2013 e professore di Economics alla Yale University

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