La mela cotogna
A Codogno (Cudògn), provincia di Lodi, da “sempre”, al terzo mercoledì di novembre si apre la famosissima Fiera del Bestiame, evento dell’anno che riunisce migliaia di allevatori, contadini e interessati, questo piccolo centro del Basso Lodigiano deve il suo nome al tipico frutto del luogo, il melo cotogno. Anche se alcuni storici insistono per farlo risalire a “Cothoneum” (città fondata dal Console Aurelio Cotta, vincitore dei Galli Insubrici), sullo stemma del comune, spicca su sfondo azzurro un bellissimo melo cotogno con 8 frutti maturi, al tronco dell’albero, con un guinzaglio dorato è legato un enorme e severo lupo nero. Percorrendo la campagna, per l’abbondanza di queste piante, sembra di essere prima degli anni 60, data in cui i Grandi magazzini, rifiutando il frutto, determinarono l’inesorabile declino della sua produzione. Anche se in alcune zone d’Italia sopravvivono nella tradizione gastronomica alcune ricette a base di cotogne, oggi sono soprattutto coltivate regionalmente ed usate per fare confetture (rinomata quella dell’Abruzzo), marmellate, gelatine, cotognate, liquori, mostarde, “gugnà”, “savor” e infine lo “sburlon”, che in dialetto parmense significa spintone, un’acqua vite di cotogne capace di dare una spinta efficace alla digestione. L’albero è uno solo, il cotogno (Cydonia oblonga) appartenente alla famiglia delle rosacee, di origini caucasiche oggi è più diffuso nell’area occidentale del Mediterraneo. In Cina ci sono però molte varietà, quelle con il frutto rotondo dette meli coto- gni e quelle con il frutto più oblungo dette peri cotogni. Le prime testimonianze storiche dell’uso del cotogno nella nostra civiltà risalgono a circa quattromila anni fa, per la leggenda la loro origine risale al tempo dei miti e degli dei, era una mela cotogna quella che “Eris” (la dea della discordia) riuscì a sottrarre alle Esperidi, malgrado la stretta sorveglianza del drago Ladone che aveva cento teste e non dormiva mai. Su quella mela d’oro, la dea scrisse la famosa frase “alla più bella”, scatenando, con il giudizio di Paride che premiò Afrodite, la guerra di Troia. Cotogne erano i pomi dell’undicesima fatica di Ercole, e cotogni erano gli alberi che Semiramide, figlia della dea sirena e potente regina che governò il suo immenso impero per 42 anni, pose nei giardini pensili di Babilonia quando li ideò. Un passato glorioso per un frutto che oggi ai giovani appare parecchio strano, coperto di peluria, duro, aspro e immangiabile da crudo, molti si chiedono come mai abbia avuto nel tempo un tale successo. Il fatto è che l’asprigno del frutto crudo non significa assenza di zuccheri, dopo lunga cottura la polpa assume una dolcezza intensa e libera un fresco profumo ineguagliabile, inoltre l’elevato contenuto di pectine produce molto velocemente l’addensamento naturale della confettura. In epoca precedente la diffusione dello zucchero raffinato, la confettura semisolida di cotogne, ovvero la cotognata, era con il miele, che però costava molto molto di più, uno dei pochi cibi dolci facilmente disponibile e soprattutto ben conservabile. Sacra ad Afrodite e simbolo della fecondità (...)
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