Un regalo su carta
La fiera Wop Art si è rivelata una bella opportunità per Lugano e il Ticino
In un periodo in cui la Città cerca un proprio ruolo nel panorama artistico europeo, la fiera chiusasi ieri ha aperto scenari inaspettati e positivi. Vi spieghiamo perché.
Wop Art, fiera dell’arte sulla carta, ha abitato Lugano per la seconda volta nei giorni scorsi, con un’edizione che, a dire degli stessi organizzatori, vuole essere la prima vera proposta, poiché quella dell’anno scorso era piuttosto un numero zero, una prima perlustrazione. Una settantina di gallerie provenienti soprattutto dal mondo della cultura italiana, ma anche da Oltreoceano e dal resto d’Europa, hanno proposto opere d’arte collegate al mondo della carta a un pubblico composto da cittadini del cantone e di altri Paesi, e dall’ambiente del collezionismo che si incontra abitualmente nelle fiere. Gli stand sono stati distribuiti al Centro Esposizioni in tre spazi più uno intorno all’area di ristoro, dal servizio impegnato e cordiale. La loro articolazione non è stata imbrigliata in corridoi rigidi, in modo da rendere più fluida la fruizione. Il pubblico ha frequentato soprattutto i corpi Ae B, meno il settore C, mentre il D beneficiava della prossimità al punto di ristoro. Si può tentare quindi un’organizzazione delle presenze che incoraggi il pubblico a frequentare tutti gli spazi (forse è sufficiente collocare l’area di discussione nel settore tendenzialmente meno frequentato) e comunque questo è un modo per dire che, così come si è configurata, la fiera presenta aree di miglioramento di un impianto che attrae e invita. È un bilancio che possiamo estendere agli altri suoi aspetti. È curioso, per esempio, l’impatto della frequentazione: inizialmente le presenze disturbanti, come i disegni di automobili sportive o le fotografie digitali di cattivo gusto, o gli stand devastati da decine se non centinaia di quadri di qualità incompatibile, oppure scelte come Afro Basaldella di fronte a Vanessa Beecroft, tutto ciò disturba e genera disagio. Quando si incomincia a entrare negli stand e a guardare bene l’offerta, le componenti disturbanti vengono offuscate da proposte come l’autoritratto di Vincenzo Gemito nello stand Pandora OM & Salaxa, lo studio di nudo di Lee Krasner nello stand Mark Borghi, i pastelli di Piero Guccione da Stefano Forni; mi fermo a tre esempi storici ma non sono da meno le proposte attuali, spesso a prezzi abbordabili. Si tratta di uno degli aspetti più interessanti di questa esperienza: è bella. La qualità dominante è buona e soprattutto, come un collezionista di Zurigo ha detto a un gallerista, la fruizione è appagante e riserva sorprese con la proposta di autori non conosciuti o sperimentando il modo in cui la carta restituisce vibrazioni ed emozioni diverse rispetto ad altri supporti e strumenti espressivi. È un risultato curioso e per molti inatteso: a Lugano una fiera d’arte che, per di più, convince? Un motivo di tale risultato è dato dalla natura stessa dell’iniziativa: concentrarsi sul mondo della carta appare a molti un’idea peregrina perché non si tratta di un genere artistico, e selezionare la produzione artistica sulla base del supporto o dello strumento non ha senso: immaginiamo una fiera dell’arte su legno, su acciaio, dell’arte a olio o delle immagini costruite solo con i colori dominanti; ci viene da ridere. È però vero che il supporto e lo strumento cartaceo reindirizzano sia la produzione, sia la fruizione rispetto a ciò che oggi esperiamo quando abbiamo a che fare con l’arte contemporanea. Spesso, in una manifestazione di arte contemporanea, non capiamo dove siamo: guardiamo una putrella di metallo, una scopa appoggiata al muro, un qualcosa qualunque e ci chiediamo: e che è? Talvolta si tratta di un’opera difficile da capire; quasi sempre si tratta di un oggetto R trasferito in un tentativo di convincere che ha un significato estetico. Di fronte a un lavoro su carta tutto ciò è per lo più impossibile: possiamo contestare la qualità del lavoro ma sarà pur sempre un lavoro. Ecco perché la fiera di Lugano è una proposta interessante non soltanto per gli addetti all’arte, ma anche per il pubblico generico che, peraltro, può impossessarsi di lavori artistici senza bisogno di prendere continuamente sventole da centinaia o milioni o decine di milioni di valore monetario. Ciò significa che Wop art non è una fiera dell’arte (più) economica o per chi non è in grado di spendere tanto. È, piuttosto, un normale mercato di buona qualità e una bella opportunità per Lugano e per il Ticino.