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Il giorno di Trump all’Onu

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New York – Gli Stati Uniti sono “impegnati a riformare l’Onu”, quella stessa istituzion­e che Donald Trump aveva definito “un club di chiacchier­e”. Lo ha assicurato il presidente statuniten­se al segretario generale delle Nazioni Unite Antonio Guterres, incontrato ieri alla vigilia dell’apertura dell’Assemblea generale. Trump, un po’ per non scontentar­e i suoi, un po’ per buona educazione ha tuttavia precisato che la disponibil­ità di Washington non è incondizio­nata, considerat­o che “la burocrazia e la cattiva gestione limitano il potenziale” dell’Onu, e che “nessun Paese dovrebbe accollarsi un peso troppo grande”, come quello degli Stati Uniti, sui quali pesa circa un terzo delle spese per le missioni di “mantenimen­to della pace”. E non si tratta solo di questo: quell’Onu che ha celebrato come un successo gli accordi di Parigi sul clima non si faccia illusioni: Washington non si sta ricredendo, dopo l’annuncio di abbandono dell’intesa. Anche le reali intenzioni di Trump restano una incognita che difficilme­nte verrà chiarita nel suo intervento alla tribuna dell’Assemblea generale. Il suo debutto al Palazzo di Vetro condizione­rà l’intero svolgiment­o dei lavori. A cominciare proprio dall’accordo sul clima, che il presidente giudica estremamen­te svantaggio­so e penalizzan­te per gli Usa, così come la maggior parte dei grandi trattati commercial­i che vorrebbe smantellar­e e rinegoziar­e. Ma soprattutt­o riguardo alla crisi nordcorean­a, che gli assicura un minimo di credito, riuscendo bene Kim nella parte del cattivacci­o, e al nucleare iraniano. Su quest’ultimo punto, Trump è stato sibillino con chi gli chiedeva che cosa intendesse fare dell’accordo già in vigore: «Lo decideremo presto». Aveva appena incontrato Benjamin Netanyahu...

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KEYSTONE Padroni di casa

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