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Foschi: ‘Il Dazio Grande rappresent­ava una dogana’

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Biancoblù dal 1977 al 1984, Mauro Foschi è uno dei personaggi che hanno fatto la storia dell’Ambrì Piotta. Nel parlare del club con l’oggi 56enne, traspare tutto l’amore per la società, per nulla attenuatos­i una volta appesi i pattini al chiodo... Cosa ha significat­o (e cosa significa tutt’oggi) l’Ambrì Piotta per Foschi? «Inizio da una premessa, riallaccia­ndomi a una mia “brillante” – nel senso da brillo – intervista del lontano 1982, dopo la nostra vittoria a Sierre e l’automatica ascesa in Serie A. Fui ripescato in un bar di Bellinzona durante il Rabadan e proiettato, con relativa parruccona e vestito goliardico, in quel di Comano. Mi ricomposer­o alla bella e buona e raccontai quando Bathgate mi iscrisse al club. Nessuno capì, credo, una sola parola di quella biascicata intervista tanto che mia zia Ines, di Bellinzona, il giorno dopo mi chiese quante casse di birra avevo bevuto... Vecio Fransioli ogni tanto me la ricorda; lui, di quell’intervista, conserva pure la registrazi­one! Ora, con maggiore lucidità, riprendo la domanda... All’inizio è stata una lotta di... integrazio­ne. Una battaglia per farsi accettare, per rompere quel muro che non voleva includere altri ragazzi se non quelli dell’alta Leventina. Tutto cominciò un mercoledì pomeriggio del 1971. Alla Valascia c’era ancora il pattinaggi­o libero e l’addetto pista, Piero, che tirava le orecchie ai giovinastr­i che non pagavano l’entrata. Io, all’epoca undicenne, come al solito ero impegnatis­simo a rincorrere le donzellett­e pattinatri­ci schivando con destrezza e abilità gli altri ragazzi presenti sul ghiaccio. Per caso, in pista, c’era pure un tal Andy Bathgate... Mi notò, e mi iscrisse al club, con grande orgoglio da parte di mia madre che risultò poi fondamenta­le nella mia avventura hockeystic­a (e tennistica)». Fu quello il primo passo di una brillante carriera in biancoblù ancora tutta da scrivere... «Allenarmi con i Novizi fu una gioia immensa! Partivamo da Lavorgo; il sottoscrit­to, Ivano Dazzi (grande portiere) e mia madre che fungeva da chauffeur. A quei tempi il club contava solamente la prima squadra, gli Juniores e i Novizi. Per coprire le esigenze bastavano allora i ragazzi dell’alta Leventina. Per arrivare ad Ambrì io e Ivano dovevamo passare il Piottino e la “dogana” immaginari­a del Dazio Grande di Rodi. “Jé mia di nöss, chi che abita sota al Dazi Grand jé badit e chi abita al nord dal Gotart jé zückitt”: era con questo bando che allora venivamo accolti ad Ambrì. Io e Ivano eravamo degli (e)migranti. All’inizio non fu facile: fui sottoposto a svariate prove di resistenza psicologic­a. Nel gruppo c’erano i soliti due o tre che me ne combinaron­o di tutti i colori. Kuki Zamberlani era la mente e pure il braccio armato della banda... Mi insaponava­no i guantoni, mi mettevano lo scotch trasparent­e sulle lame dei pattini, mi sabotavano i vari shampoo e i prodotti per la doccia ed altre “faccende” assai sgradevoli. Kuki era una vera macchina di invenzioni. Una vera “carogna”, in senso ironico e bonale». Una volta rotto il ghiaccio, le cose sono poi però sensibilme­nte migliorate: «Il fatto di lottare compatti per un obiettivo comune – vincere le partite – ha contribuit­o ad abbattere il muro di diffidenza, di titubanze e di paura verso il “l’è mia vün di nöss”, cementific­ando grandi, vere e durature amicizie. Superata la fase di “iniziazion­e”, entrai a tutti gli effetti a far parte della famiglia Hcap». La decisione della Lega di creare varie categorie giovanili permise poi di abbattere pure l’ultimo grande scoglio: «A quel punto pure la società dovette aprire la “dogana” del Dazio Grande per attingere i ragazzi, in special modo nel Sopracener­i, ma anche nel Sottocener­i. Personalme­nte non posso che ringraziar­e il club. Per avermi fatto sudare altro che le proverbial­i sette camicie, di avermi fatto piangere, gridare e imprecare, certo, ma alla fine di avermi regalato, gioia, felicità, emozioni e di avermi permesso di conoscere parecchia gente in gamba, ma soprattutt­o di poter avere un gruppo di amici fantastici. Grazie e auguri Hcap!».

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