Votare No per una vera educazione alla cittadinanza
«L’educazione alla convivenza civile, all’essere partecipanti responsabili di un gruppo sociale (in un gruppo di bambini della scuola dell’infanzia o della società civile) si apprende giorno dopo giorno, minuto dopo minuto nel corso degli scambi con i propri coetanei e con gli adulti». È un principio, estrapolato dal “Piano di studio della scuola dell’obbligo ticinese”, che condivido e dal quale prendo spunto per formulare le mie argomentazioni di docente, genitore e sindaco sull’iniziativa dibattuta in queste settimane, che personalmente respingerò. Innanzitutto ribadisco l’importanza di formare adeguatamente i nostri giovani in merito a regole e valori che reggono il nostro Stato. Ho avuto la fortuna di appassionarmi a ciò nel corso della mia vita, grazie ai docenti che ho avuto ma pure ai contesti familiari e sociali in cui sono cresciuto. Ora, nella mia triplice veste, mi impegno costantemente a trasmettere queste conoscenze e soprattutto a veicolare attitudini e principi che le ispirano. È, appunto, grazie ad un lavoro quotidiano e protratto nel tempo che per davvero educhiamo coloro che diventeranno i futuri cittadini, alternando sag- giamente “teoria e pratica”. Oltre a ciò sono basilari le nozioni e le conoscenze specifiche, che devono essere trattate in special modo nel conteso scolastico, dall’infanzia fino all’adolescenza, adattate all’età degli allievi. Ma la soluzione posta in votazione non è a mio avviso convincente. Principalmente perché la civica non deve essere separata dalla storia, da cui trae origine. La storia non è da intendere unicamente quale occasione per conoscere il passato; ma pure quale opportunità per riflettere sul presente e soprattutto per formare, anche con coscienza critica, i cittadini di domani: cioè, un responsabile esercizio di educazione alla cittadinanza! Inoltre, occorre ribadire che non solo a storia si fa civica: in ogni altra disciplina scolastica, giornalmente, si mettono in pratica i valori e i principi della democrazia. Questa interdisciplinarietà, dunque, va promossa e favorita, anziché escluderla in favore di un insegnamento limitativo a due momenti mensili. Certo: occorrono docenti consapevoli, preparati e coinvolgenti; ed anche per questo specifico ambito trovo che la scuola possa e debba fare meglio. Tuttavia è troppo facile (come si fa spesso) far ricadere tutte le responsabilità sul sistema scolastico. Pure la famiglia (fin coi figli in tenera età, ovviamente con le dovute proporzioni), l’associazionismo (anche solo per il lodevole spirito di volontariato) e il mondo politico devono assumersi le proprie responsabilità. Soprattutto la politica, purtroppo, troppo spesso non dà il meglio di sé (eufemismo): come pretendere, poi, che le giovani generazioni si appassionino, rispettino le norme di convivenza civile e si avvicinino alla cosa pubblica? Basterebbe consolidare la “trasversalità” che spetta a una sensata e reale educazione alla cittadinanza, che promuova l’importanza, oltre che dei diritti, dei doveri del cittadino nella società. Migliorando, senza dubbio, il sistema attuale, ma evitando l’istituzione di inutili e controproducenti materie.