Per Luca Margaroli è buona la prima
Non ha ancora realizzato appieno cosa gli sia ‘successo’, dice. Certo è che la settimana appena trascorsa, il 25enne non la scorderà mai. Il ticinese ci racconta la sua prima Coppa Davis.
La Svizzera – quella del tennis, perlomeno – lo ha scoperto sabato. A suon di rovesci a una mano e di volée giocati senza troppi timori riverenziali, Luca Margaroli ha ripagato la fiducia di capitan Seve, che ha affidato a lui e a un altro giovanissimo il doppio dello spareggio contro la Bielorussia. Lo sentiamo che è appena atterrato in Turchia, dove giocherà un torneo Challenge Atp. Al telefono non fa trasparire il turbinio di impressioni vissute a Bienne, in quella che – sebbene non mettesse in palio un titolo – è anche un po’ la Coppa di Luca.
Hai realizzato di essere stato titolare in Davis?
Mah – ride –... Non ancora, forse mi ci vorrà ancora un giorno o due. Quelle provate in doppio, ma anche domenica quando Henri e Marco hanno vinto i singolari e dato alla Svizzera la permanenza nel gruppo mondiale, sono state emozioni davvero molto forti.
Quando sei sceso in campo eri più emozionato o teso?
Un po’ di tensione c’era. Però le emozioni erano talmente forti, che è passata in secondo piano. E nonostante non siamo riusciti a vincere, abbiamo giocato un buon doppio.
Hai rimpianti per un risultato serrato e le occasioni mancate, o prevalgono le soddisfazioni per aver portato ai tie-break giocatori più esperti?
Prima della partita non so quanti ci dessero possibilità di vittoria. Le incognite erano molte: dall’altra parte una coppia di ‘signori’ doppisti; la prima volta assieme per me e Andrian, il quale era alla prima esperienza contro giocatori di quel livello. Eppure siamo arrivati a un passo dal primo e dal secondo set. Quindi beh, qualche rimpianto c’è...
Quali insegnamenti trai da questa tua prima esperienza?
La settimana prima dei match, con gli altri giocatori e il capitano, mi ha aiutato a inserirmi bene in squadra e farmi capire bene l’importanza di questo evento; e gli insegnamenti sono tanti. Ora c’è da tornare a lavorare e alla ‘realtà’, fatta di viaggi e partite senza lo splendido pubblico di Bienne. Però le emozioni che ti dà la Coppa Davis, te le porti dietro.
Che capitano è Severin Lüthi?
Il suo non è un ruolo facile, partendo dalle scelte che deve compiere: può portare solo 4 o 5 giocatori di tutto il movimento svizzero. Ha messo a nostra disposizione la sua enorme esperienza, accumulata in anni a fianco di Roger Federer. Nei primi giorni ci ha aiutato dal punto di vista di tecnica e tattico; poi, man mano che s’avvicinavano le partite, s’è concentrato sulla gestione degli aspetti emotivi e la motivazione.
I tuoi genitori fino a qualche anno fa avevano la Scuola Tennis di Taverne. Com’è stato per te essere allenato anche da mamma Isabella?
Ehm... Avere in campo solamente lei per me non era facile. Però sono stato allenato anche da un’altra maestra, Cristina Valentin. Insieme mi hanno seguito per 8-9 anni e così ha funzionato. Perché, insomma, la mamma è sempre la mamma – ride.
La tua famiglia è venuta a vederti a Bienne. Facile immaginare che sia stata un’emozione tra le emozioni.
Sì, è stata una grande gioia avere i miei cari sugli spalti. Hanno fatto la trasferta anche diverse persone vicine alla mia famiglia, che facevano parte del Tennis di Taverne e che quindi mi hanno visto crescere: e alcuni ragazzini che oggi si allenano con mia mamma e che dunque io ho visto crescere.
Cosa può rappresentare la tua presenza in Coppa Davis per dei giovani tennisti?
Credo che la partecipazione di un ticinese, anni dopo Claudio Mezzadri, aiuti tutto il tennis ticinese. Il cantone è piccolo e, nel giro, mi conoscono tutti; perciò per i ragazzi diventa più facile crederci e, perché no?, sognare.
Nato in Italia, cresciuto in Svizzera: che caratteristiche hai dell’una e dell’altra?
Mah, io mi reputo molto svizzero. Forse di latino ho che esprimo maggiormente emozioni ed energie; credo si sia visto in campo.
Quanto riesci a stare a Lugano?
Poco – ride –. Da un paio d’anni la mia base d’allenamento è a Vienna e lì sto, quando non sono in giro per tornei.
Dopo la Turchia giocherà in Kazakistan e Uzbekistan. Una vita con la valigia, quella di Luca. Valigia ora un po’ più pesante, carica di un’esperienza conquistata con tenacia e quel largo sorriso che anche la Svizzera, perlomeno quella del tennis, ora conosce.