Dadò: ‘Ho commesso una grande ingenuità, in buona fede. Chiedo scusa’
Quando nella mattinata di ieri a Palazzo delle Orsoline la Commissione della gestione, della quale è membro, affronta l’ultimo tema all’ordine del giorno, cioè il tema Argo 1, lui lascia la sala. Un passo atteso. E così farà pure in futuro ogni volta che la Gestione tratterà il dossier, ai cui atti non potrà accedere. «Ho anche detto ai presenti che di quelle due cene io non mi ricordavo, parliamo di cene consumate tre anni fa», spiega, avvicinato dalla ‘Regione’, Fiorenzo Dadò. Le due cene, del costo complessivo di 150 euro, offerte nell’ottobre 2014 dal titolare della Argo 1 a Dadò e compagna, funzionaria del Dipartimento sanità e socialità dove è responsabile del Servizio richiedenti l’asilo. «Ho commesso una grande ingenuità, in perfetta buona fede – aggiunge il presidente e deputato del Ppd –. Ed evidentemente è stato un errore accettare queste due cene. Col senno di poi avrei dovuto dire immediatamente di no. Mi dispiace e mi scuso con tutte quelle persone che in un modo o nell’altro si sono deluse e che hanno pensato che ci fosse di mezzo corruzione o altri illeciti. Assicuro che non c’è stato nulla di tutto ciò, che non c’è stato niente che possa mettere in discussione la mia onestà. Mi auguro che venga fatta chiarezza al più presto, per il bene anzitutto delle istituzioni. Da parte mia garantisco la massima trasparenza». Altro non aggiunge Dadò. Ieri pomeriggio intanto al Palazzo di giustizia è stato interrogato Marco Sansonetti, all’epoca dei fatti titolare della ditta di sicurezza. È stato sentito dapprima dal procuratore generale John Noseda, in relazione alle due cene da lui offerte a Dadò e compagna, e successivamente dalla pp Margherita Lanzillo nel quadro del procedimento penale che lo concerne direttamente per presunti reati compiuti nell’ambito dell’attività della Argo 1. Fra gli illeciti ipotizzati, perlomeno inizialmente, l’usura, reato che sarebbe stato commesso a danno di dipendenti dell’agenzia. Da nostre informazioni, Sansonetti ha confermato davanti al pg la versione della funzionaria, interrogata venerdì scorso dalla procuratrice capo Fiorenza Bergomi, aggiungendo di aver agito in buona fede, senza un secondo fine: insomma le due cene da lui pagate sarebbero state un gesto di cortesia.