Bertoli: ‘È ora di superare i piagnistei’
È la volta buona anche per il governo ticinese, che si ritrova nell’atrio di Palazzo federale come “delegazione protagonista”. Fermiamo il presidente, Manuele Bertoli, per un’impressione sull’esito del voto. Che cosa ha fatto la differenza stavolta? «Con il passare del tempo la richiesta della Svizzera italiana di tornare in Consiglio federale si è fatta sempre più pressante, e credo che questo abbia giocato un ruolo. A fronte anche di una Romandia disunita». La strategia del Plrt cantonale è stata vincente... «Sì, l’obiettivo è stato raggiunto. Il fatto che Cassis sia stato eletto al secondo turno è un buon risultato. È passato con due voti, fosse andato al terzo con un compattamento dei voti su un solo candidato romando le cose si sarebbero fatte più complicate. Ma cosa fatta, capo ha. L’elezione è riuscita e siamo qui a festeggiarla».
Presidente Bertoli, in che cosa si tradurrà l’atout di avere un rappresentante nel governo federale?
Io non sono mai stato tra quelli che sostengono che il Ticino non è considerato a Berna. Non è la realtà. È chiaro però che essere presente nella stanza dei bottoni con un rappresentante diretto fa in modo che le nostre specificità non vengano messe in secondo piano, pur dovendo essere valutate nel quadro generale; e credo sia anche l’occasione, forse, per finalmente superare questo piagnisteo ticinese, perché non ci sono più scuse: noi sediamo anche nel governo federale e quindi dobbiamo far valere i nostri interessi. Ma non è più il tempo di vestire i panni di calimero.
È un appello che va fatto a una parte della Deputazione ticinese alle Camere federali...
Sì, direi a una parte del Canton Ticino, a cui fa comodo trovare sempre un capro espiatorio per le cose che formalmente non vanno, anche se a volte – pur essendo vero che da Berna dipendono certe decisioni importanti – le cose non vanno semplicemente perché ci sono certe decisioni politiche sostenute da una certa maggioranza. Penso ad esempio alla questione a sapere come si gestisce il rapporto con l’oltre frontiera: chiudendo il confine oppure con dei provvedimenti interni di mercato del lavoro? È una questione eminentemente politica, che non passa da un’eventuale “non considerazione” del Ticino, bensì da visioni diverse su come vengono affrontati certi temi.
In quanto direttore del Decs è impegnato nella difesa dell’insegnamento dell’italiano Oltralpe. Crede che il nuovo eletto possa aiutarla?
Lo spero molto, anche perché Cassis faceva parte fino a poche ore fa del comitato del Forum per l’italiano in Svizzera. Sono sicuro che da questo profilo l’italiano farà un passo avanti e anche la questione dell’insegnamento avrà il suo posto. Saremo sempre una lingua minoritaria, che però deve poter essere insegnata ed essere considerata dalle altre realtà svizzere.