Canapa negli shopping center? Non a Grancia
Anche Grancia si è aggiunto alla lista dei Comuni che hanno emesso un’ordinanza contro la coltivazione e vendita al dettaglio dei prodotti a base di canapa. È una risposta alla recente liberalizzazione della cosiddetta ‘canapa light’ con tenore di thc inferiore all’1%. Anche in questo caso viene stabilita una ‘red zone’ un raggio di 300 metri di distanza dalle cosiddette zone sensibili quali strutture sportive o ricreative; oratori, centri giovanili e parchi giochi pubblici e privati; chiese e luoghi di culto; istituti scolastici, asili nido e di prima infanzia pubblici e privati; fermate dei mezzi pubblici di trasporto (raggio 100 metri) e nelle zone dove il Piano regolatore impone una destinazione a residenza primaria. L’ordinanza è in pubblicazione da ieri l’altro fino al 18 ottobre, e immediatamente esecutiva. Come mai il piccolo Comune di Grancia teme l’arrivo dei canapai ‘light’? «Il fatto è che abbiamo ricevuto una specifica richiesta, da parte di un commercio – una filiale della grande distribuzione ndr – attivo all’interno dei centri commerciali» ci risponde il sindaco di Grancia Paolo Ramelli. Che lamenta la solitudine nella quale sono lasciati i Comuni, alle prese con un quadro legislativo di non facile interpretazione. L’ordinanza di Grancia comunque mette fuori gioco, almeno per ora, la vendita di canapa light all’interno degli shopping center «dove c’è anche un asilo nido, e nei cento metri ci sono le fermate dei bus. Chiaramente abbiamo voluto tutelare i nostri cittadini e chi frequenta Grancia» spiega ancora Ramelli. La questione sta toccando un po’ tutte le località ticinesi: come Grancia, anche Monteceneri ha adottato un’ordinanza restrittiva. ne ha riferito ieri il ‘CdT’. Pure il Municipio di Collina d’Oro ci sta pensando proprio alla luce di quanto ha fatto Grancia, con cui confina sul Pian Scairolo proprio nella zona dei centri commerciali. Stesso discorso per Savosa che ha una richiesta pendente per la vendita e vuole regolamentare la questione tramite ordinanza. Altri Comuni, sulla scia di quanto ha valutato la Città di Lugano, invece, hanno optato per non dotarsi di normative.
L.TER./A.R.