laRegione

Un caso, una storia a processo

Un giorno in aula per Lisa Bosia Mirra, accusata di aver aiutato delle persone a varcare il confine

- di Daniela Carugati

I fatti dell’estate 2016 approdano in Pretura penale. Ma sarà il Tribunale penale federale a fare spazio al dibattimen­to odierno.

Non sarà, come di consueto, un’aula della Pretura penale, bensì il Tribunale penale federale a Bellinzona ad aprire, questa mattina, le porte sulla vicenda di Lisa Bosia Mirra. A quanto pare gli spazi abituali erano troppo angusti per accogliere un caso (e una storia) che ha fatto parlare dentro e fuori i confini ticinesi e svizzeri. Un caso giudiziari­o che dà modo di accendere i riflettori sulla situazione, irrisolta, dei flussi migratori da sud a nord. La co-fondatrice dell’Associazio­ne Firdaus (nonché granconsig­liera socialista) si ritrova così davanti a un giudice – in questo caso Siro Quadri – perché accusata di aver aiutato alcune persone – fra cui dei minori – a varcare la frontiera in modo illegale. Almeno nove gli episodi ricostruit­i – e contestati dalla Procura – fra il 18 agosto e il primo settembre dell’anno scorso. Giorno, quest’ultimo, nel quale Lisa Bosia Mirra è stata fermata dalle guardie di confine (e poi arrestata) dopo aver oltrepassa­to la dogana di San Pietro di Stabio. Per gli inquirenti, a quel punto, non vi erano dubbi: la 43enne co-fondatrice di Firdaus, da mesi in quell’estate sul fronte caldo dei migranti tra Como e Chiasso, aveva fatto da ‘staffetta’. Quella mattina aveva preceduto il furgone guidato da un 53enne bernese (già condannato) e con a bordo quattro persone di origine eritrea (fra le quali tre ragazzini). Fatti che hanno portato la procuratri­ce pubblica Margherita Lanzillo a firmare e confermare (più tardi, il maggio scorso) un decreto d’accusa e una pena pecuniaria di 80 aliquote giornalier­e, sospese per due anni, oltre a una multa e alle spese giudiziari­e. La giustizia, insomma, non ha fatto sconti. Ma la deputata non si è arresa: ha impugnato il decreto – approdando in Pretura penale – ed è pronta, al suo fianco l’avvocato Pascal Delprete, ad arrivare fino al Tribunale federale, se sarà necessario. “Era impossibil­e fare diversamen­te da come ho agito”, scrive Lisa Bosia Mirra nel suo diario-memoriale. Sullo sfondo rievoca la scena aperta dei giardini della stazione di San Giovanni a Como, oltre alla crisi umanitaria che nell’estate scorsa ha bussato al nostro confine meridional­e. Proprio i motivi umanitari, del resto, hanno rappresent­ato, da subito, la spina dorsale della difesa della 43enne. Tra aprile e maggio, però, il voluminoso incarto, le prove a discarico, le attestazio­ni-testimonia­nza sull’operato di Lisa Bosia Mirra, e le sue stesse ammissioni, non sono bastati per riconoscer­le il fatto di non aver agito né per fini economici, né per interessi personali. Adesso sarà la Pretura penale a doversi pronunciar­e.

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TI-PRESS ‘L’ho fatto per motivi umanitari’

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