laRegione

I confini ai tempi di Schengen

- Di Daniela Carugati

È una storia davvero al... confine quella di Lisa Bosia Mirra. A ben vedere, in effetti, è lì al confine (o ai confini) dell’Europa che si consuma da tempo il dramma dei migranti. È alla linea di demarcazio­ne a sud del nostro Paese che l’estate scorsa ci siamo accorti che il fenomeno dei flussi migratori riguarda anche noi. Ed è sempre alle frontiere di Schengen che è appeso pure il destino (giudiziari­o) della co-fondatrice di Firdaus (nonché deputata del Partito socialista). Può sembrare paradossal­e, ma se il verdetto del giudice della Pretura penale (Siro Quadri) seguirà la linea difensiva della 43enne (a favore del prosciogli­mento da tutte le accuse), Lisa Bosia Mirra dovrà essere grata all’accordo di Schengen e al suo inaspettat­o... ‘umanesimo’. Il legale della deputata non ha avuto esitazioni: Schengen distingue tra frontiere esterne e interne. Insomma, aver aiutato dei cittadini eritrei e siriani ad andare a nord, attraversa­ndo i valichi con l’Italia e la Germania «non configura i reati di entrata, rispettiva­mente partenza, illegali». Per suffragare questa tesi è stata presentata anche la perizia di una esperta dell’Università di Lucerna. Del resto, mai come ieri in aula (quella del Tribunale penale federale; la Pretura era troppo angusta) si è capito che il confine fra legalità e illegalità quando c’è di mezzo uno slancio umanitario è sottile. La legge è legge, ha fatto capire in modo netto la procuratri­ce pubblica. E vale anche per persone come Lisa Bosia Mirra. Che ha funto da ‘staffetta’; che ha fatto da «regista» nei nove episodi contestati (e valsi un decreto e una condanna, confermati). Ergo, non è una questione di buone azioni. Qui per l’accusa non può esserci che una lettura giuridica dei fatti (peraltro non contestati dall’imputata). Non c’è spazio per altre valutazion­i: «Questo non è un processo politico ma penale», si è scandito. Come dire che i casi umanitari sono altri («e non è quello che ci occupa»). La procuratri­ce è riuscita, in altre parole, a ribaltare la prospettiv­a. Lisa Bosia Mirra, ha rimprovera­to, non ha aiutato i migranti («Non è così che si fa»). Semmai li ha esposti a dei rischi, lasciandol­i senza soldi, in un territorio sconosciut­o e con delle difficoltà a farsi capire. Verrebbe da pensare che i passatori locali, e ancor più i trafficant­i internazio­nali, sono un’altra cosa. Che è lì che bisogna concentrar­e gli sforzi per contrastar­e sfruttamen­to e violenze (le stesse di cui portavano i segni pure i migranti incrociati a Como). Ma, appunto, alla norma non si sfugge. E al rispetto della legalità non si deroga. ‘Dura lex, sed lex’, ha detto qualcuno. Alla Pretura penale ora (l’ardua) sentenza.

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