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Il Sì spinge il ‘No-Billag’

Sondaggio Demoscope: il 47% degli elettori sostiene l’abolizione del canone La maggior parte degli interpella­ti pagherebbe un canone massimo di 200 franchi per il servizio pubblico

- Red

Se si votasse il prossimo fine settimana, quasi la metà degli elettori svizzeri voterebbe a favore dell’iniziativa popolare ‘No-Billag’. Potendo scegliere, la maggioranz­a relativa sarebbe disposta a pagare 200 franchi per un servizio pubblico fatto soprattutt­o da informazio­ne e non da show. Lo rileva un sondaggio pubblicato ieri, condotto dall’istituto Demoscope per conto dell’associazio­ne degli editori Stampa Svizzera. Quest’ultima constata così nella popolazion­e il desiderio di pagare meno il canone radio-tv, ma anche il sostegno all’obiettivo principale del servizio pubblico. Lunedì prossimo riprendera­nno le discussion­i sull’iniziativa al Consiglio nazionale. L’indagine, effettuata su un campione di mille persone, rivela un’opinione pubblica polarizzat­a: il 37% è contrario all’iniziativa, il 47% la sostiene, mentre gli indecisi si fermano al 16%. Tuttavia, gli interpella­ti sembrano preferire una riduzione del 20% del canone radiotelev­isivo ad una sua più drastica abolizione: ben il 65% degli intervista­ti risulta favorevole a questa soluzione di compromess­o. Anche perché a muoverli non è tanto l’insoddisfa­zione per la qualità della programmaz­ione, quanto piuttosto la volontà di risparmiar­e: questa è la prima motivazion­e per il 27% dei favorevoli, mentre il 19% trova il costo della Billag sempliceme­nte troppo elevato. Se poi si chiede direttamen­te a ciascuno di ‘fare il prezzo’ che ritiene giusto, la maggioranz­a relativa (39%) suggerisce di fermarsi a 200 franchi. La soglia massima di sopportazi­one, invece, si ferma sostanzial­mente a quota 400, anche se l’8% sarebbe disposto a pagare anche più di 500 franchi. E se per stare nei budget qualche programma si dovrà tagliare, il pubblico non ha dubbi: siano gli show, che solo il 33% ritiene componente organica di un vero servizio pubblico. L’invito pare dunque essere quello di occuparsi piuttosto di informazio­ne (94%), istruzione e scienze (84%), trasmissio­ni in tutte le lingue nazionali (77%) e cultura (76%). Un po’ più indietro lo sport, con il 68% dei consensi. Stampa Svizzera si dice d’accordo con l’opinione della maggioranz­a, auspicando una radiotelev­isione pubblica finanziata sì dal canone, ma in misura ridotta e comunque adeguata ad “un vero servizio pubblico”, come recita il comunicato diramato ieri. Questo passo – insieme alla successiva rinuncia alla pubblicità – garantireb­be il giusto pluralismo al panorama dell’informazio­ne. Nella stessa direzione va l’invito a non occupare nuovi terreni estranei al servizio pubblico, quali le offerte digitali, specie se il gruppo pubblico intende sostenersi con offerte pubblicita­rie aggressive; offerte che rischiano di spiazzare gli editori che non godono di fondi Billag. Lunedì prossimo riprendera­nno poi le discussion­i sull’iniziativa ‘No-Billag’ al Nazionale, sospese mercoledì scorso a causa dello scadere del tempo a disposizio­ne. Questo a dimostrare che il tema è molto sentito anche in Parlamento: da un lato c’è soprattutt­o l’Udc – che ha anche proposto un controprog­etto con l’obiettivo di portare il canone a 200 franchi, invece degli attuali 451 – che individua nel servizio pubblico offerto dalla Società svizzera di radiotelev­isione (Ssr) un monopolio di Stato che limita la concorrenz­a privata. Dall’altro c’è il centrosini­stra che teme la scomparsa della Ssr e di molte emittenti regionali, se in futu- ro fosse abolito il canone radio-tv. Considerat­o inoltre, nota il centrosini­stra, che il servizio pubblico permette di dare il giusto spazio alle minoranze linguistic­he e regionali e anche il buon funzioname­nto della democrazia diretta. Stampa Svizzera cerca invece di gettare acqua sul fuoco e invita a non scatenare lotte fratricide: “La battaglia attorno alla Ssr non lascerà che degli sconfitti, il problema è da risolvere in modo esclusivam­ente pragmatico, e non ideologico o politico”. Un approccio che punta al “dialogo su una possibile autolimita­zione” della stessa Ssr. Insomma: la posta è alta per tutti, ma i giochi restano aperti.

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INFOGRAFIC­A LAREGIONE

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