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Lo zibaldone d’arte della Fondazione Braglia

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Sei lì che cerchi di decifrare la testa di dama di Manolo Valdés, ti giri e trovi i colori sgargianti di Miró. Avanzi di due passi e trovi un magnifico Magritte. Lì vicino una scultura di Mitoraj, Modigliani, futuristi come Balla, Depero e Baldessari. Poi ancora Mimmo Rotella, Jean Tinguely e, nell’angolo, due Christo e un curioso Andy Warhol del 1958, prima della scoperta della pop art e delle scatolette di zuppa. Tutto si può dire, della mostra che aprirà alla fondazione Braglia di Lugano il prossimo 28 settembre, tranne che il titolo non sia azzeccato: è davvero un pot-pourri, un insieme variegato di opere e artisti che abbraccia un secolo di storia dell’arte, dal 1902 di un disegno di un appena ventenne Picasso alla già citata testa di Valdès, del 2014. ‘Pot-pourri: da Picasso a Valdés’, appunto. «Dopo l’espression­ismo tedesco, nel 2015, e Zoran Music nel 2016, abbiamo fatto una mostra con i resti della mia collezione» ha scherzato Gabriele Braglia durante la presentazi­one alla stampa. La mancanza di un fil rouge, peraltro, rende ancora più evidente la natura personale della collezione, costruita negli anni da Gabriele Braglia e dalla moglie Anna non seguendo valutazion­i di mercato, ma sempre in base all’emozione che loro dava un’opera. Il che spiega la natura particolar­e di alcune opere – oltre che la taglia relativame­nte piccola delle opere che dovevano trovare posto in casa –, delle «chicche», per dirla con Braglia, che non ti aspetti, come il già citato Warhol pre-pop art, o un Fontana, anche qui, prima che si mettesse a tagliar tele. La natura personale della collezione è riassunta anche nel catalogo che associa, ad ogni opera, non un saggio critico, ma un aneddoto legato alla realizzazi­one o all’acquisizio­ne. RED

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A. Warhol, Senza titolo, 1958
 ??  ?? M. Valdés, ‘Retrato de una dama II’, 2014
M. Valdés, ‘Retrato de una dama II’, 2014

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