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‘Mi piace’ sotto accusa, e occhio alla data di pubblicazi­one

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Negli scorsi mesi ha destato un certo scalpore il caso di una persona condannata per aver messo dei like su Facebook. A maggio un tribunale zurighese ha infatti condannato – a una pena pecuniaria sospesa, ma anche al pagamento di oltre settemila franchi di spese processual­i – una persona per aver “approvato” e contribuit­o a diffondere su Facebook dei post diffamator­i, pubblicati da un terzo, contro un attivista per i diritti degli animali. Un caso che fa discutere i giuristi poiché criminaliz­za un semplice “click” che si pone all’interno della catena di diffusione usuale di Facebook. L’appello è comunque pendente, per cui non è detto che i like in futuro costituira­nno reato. Tra l’altro, in un’altra sentenza zurighese, il semplice retweet di un tweet diffamator­io è stato giudicato non punibile. Diverso il caso di un tweet di un politico che si domandava se non fosse necessaria una nuova Notte dei cristalli contro le Moschee. Il Tribunale federale ha stabilito che quel messaggio adempie il reato di discrimina­zione razziale. Questa vicenda ha tra l’altro dato vita ad un’altra disputa: una persona ha infatti commentato il tweet sulla Notte dei cristalli, con tanto di nome e cognome dell’autore, in una pagina web dal titolo “Estremismo di destra”. Comportame­nto lecito, ha deciso sempre il Tribunale federale: anche se ha pochi seguaci, chi pubblica qualcosa su Twitter cerca, appunto, pubblicità, e il danno di immagine è riconducib­ile al contenuto del tweet razzista, non certo a come è stato successiva­mente presentato sul sito. Insomma, «chi è causa del suo mal pianga sé stesso» ha commentato Gianni Cattaneo.

Un caso ticinese

Infine, un caso ticinese di diffamazio­ne via blog, reato che cade in prescrizio­ne dopo quattro anni. Quattro anni a partire da quando? Dalla prima pubblicazi­one online oppure dalla rimozione del contenuto, avvenuta circa sei mesi più tardi? Il Tribunale federale ha ritenuto di dover equiparare i blog alle pubblicazi­oni cartacee, facendo quindi partire i termini della prescrizio­ne dell’azione penale dalla data di pubblicazi­one. Risultato? L’autore del post è stato prosciolto.

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